Le Case russe

Negli anni quaranta del secolo scorso ricordo che il primo impatto con l'estrema periferia di Gallipoli, venendo dai Cappuccini, erano le case russe o pariti russi, così denominati per il colore , appunto, della tinteggiatura.
Sorgevano laddove oggi insiste un insediamento di case a villette, a ridosso del muraglione della ferrovia. Rigogliosa verdeggiava intorno la macchia mediterranea, con piante di finocchio selvatico , timo , mortelle , ruchetta, dove non di rado saltellava la quaglia.
Ma vieppiù vi saltellavano i ragazzi per giocare a pallone anche quando qua e là,dopo la pioggia, comparivano larghe pozzanghere.Era questo il villaggio alle porte di Gallipoli,lontano dal borgo antico, tanto da essere quasi sconosciuto ai più se non per la visita ai defunti e per la raccolta delle cicorie di campagna.
In fondo alle case russe , alto e solenne, il pronao neoclassico del Cimitero con il suo silenzioso richiamo alla Pace eterna; e ancora più in alto, solitario, il Convento dei Frati Cappuccini con annessa cappella, la cui campana, già da due secoli , scandiva in su la sera il tocco dell'Ave Maria.
Erano le case russe il punto in cui il cavallo riprendeva il trotto dopo la fatica della ripida discesa dei Cappuccini, quando era costretto a puntare i piedi per terra sotto la spinta della carrozza i cui freni,malgrado l'acuto strofinio sui canti delle ruote, non riuscivano a trattenere adeguatamente.  

Il trotto a pendolo durava fino alla Fontana greca , dove il cavallo si abbeverava nella vasca della facciata borbonica. Poi, al passo , saliva sul Ponte per voltare a sinistra ( controsenso rispetto ad oggi ) per dirigersi verso le stalle, buie ed umide , che a me sembravano le prigioni borboniche delle Memorie di Sigismondo Castromediano.
Vidi poi di peggio, quando visitai le vere prigioni del Castello, sotto il Torrione della Vedetta.
Al ritorno, sempre ai pariti russi, il cocchiere sudava le proverbiali sette camicie per guidare la carrozza lungo la disastrata salita ( sempre dei Cappuccini ) segnata da profondi solchi ( carreggiate) che condizionavano il passo del cavallo., costringendolo a doppia fatica , specie quando nella carreggiata si trovavano grosse pietre da scansare per non compromettere la stabilità del mezzo.
Mi venivano allora in mente i versi della lirica " Il Rospo ", dove il piccolo anfibio , scivolando nella profonda carreggiata di una strada di campagna , supplica l'asino, che tira a fatica la carretta , di scansarlo per non ucciderlo. Oggi la salita dei Cappuccini è asfaltata e agevolmente percorribile in macchina, ma sempre col piede sul pedale del freno, sia in salita che in discesa, per via del traffico intenso , specie il mercoledì , giorno di mercato. Oggi non ci sono più le case rosse. Non c'è più il piccolo villaggio.
Ma una nuova Gallipoli.
Forse, Anxa !

Aldo de Bernart