Il "Galateo" ...gallipolino - Nifi, vamp gallipolina di 500 anni fa

Se c'è stato dalle nostre parti un idealizzatore della donna,che abbia storicizzato,in qualche modo,il femminino della tradizione nostrana,questo è sicuramente l'umanista Antonio De Ferraris Galateo (1448-1517).La sua variegata esistenza trascorsa tra Napoli e il Salento,in ambienti cortigiani e accademici,ma anche rustici e familiari,si arricchì di incontri e di contatti con un panorama femminile assortito: regine,dame di corte,nobili di provincia,borghesi e popolane,semplici e pur ricche di dignità.
Questa varietà umana al femminile balza dai molti scritti del medico filosofo galatonese, collegandosi in generale ai temi delle sue riflessioni e della sua filosofia della vita.
Gallipoli,uno dei suoi luoghi dell'anima,dove soggiornò a più riprese,da ragazzo e poi da vedovo,e dove ebbe affetti e amicizie,gli fornì quotidiani spunti di osservazione e di analisi.
La sua Descrizione di Gallipoli (1513) accanto a dati personali e autobiografici,sigilla il suo affetto,l'ammirazione per la bella città ionica,la considerazione sincera per i suoi abitanti.
In quell'oasi di bellezza e di tranquillità il nostro Antonio avverte " qualcosa che sa di greco", o meglio,il permanere di abitudini e di costumi che avallano le origini greche della città,dove "si vive senza invidia,senza ambizione,senza superbia,senza chiasso,senza ingiustizie,senza sfarzo".
A Gallipoli uomini e donne si comportano secondo antichi clichet trasmessi dalla tradizione greca.
Così nei maschi il perspicace umanista riconosce morigeratezza,concordia,pietas,fedeltà al re e alla patria,mentre vede rinnovarsi nelle donne il tipo delle antiche e fiere spartane,attive,tutte casa e affetti familiari,linde,oneste,riservate,applicate a filare il lino e la lana, attaccatissime alla casa perfino nei giorni di festa.
A guardarle con gli occhi di Antonio Galateo quelle giovani gallipoline si fanno ammirare per la pelle scura, la personcina a modo, i capelli e gli occhi neri, gli sguardi luminosi e penetranti, l'arguzia e la sobrietà. A dirla in breve , incarnano quella calda bellezza mediterranea che allora si esprimeva con " un non so che di Andaluso e di tripolitano".
Fin da piccole le gallipoline vengono avviate al governo della casa e sotto la guida materna imparano a filare e tessere,sicchè quando prendono marito,non più tardi dei dodici o tredici anni,esse sono già pronte per il mestiere di mogli e di madri; prima di sposarsi,però, "non ardiscono non solo parlare con gli uomini,ma neppure guardarli".
La loro naturale riservatezza non s'accorda con la frequentazione di palestre o di altri luoghi pubblici,né si fanno prendere dalla tentazione civettuola di mostrarsi alla finestra.
Le giovani gallipoline hanno perfino un forte senso civico che cercheremmo inutilmente ai nostri tempi; amano fortemente la libertà e sono pronte a difendere la patria e la casa dai nemici come dimostrarono sul campo,anzi sulle mura della loro città,combattendo con valore al fianco dei loro uomini per rintuzzare gli assalti di un'armata veneta,nel maggio 1484.
All'inizio del terzo millennio,il profilo galateano,moltiplicato,della gallipolina di cinque secoli fa,non può che far sorridere noi abituati a vederne di tutti i colori, e a misurarci con le tante bizzarre realtà dei nostri giorni. E tuttavia,questo modello spartano,sfrondato di qualche ammennicolo di troppo,ha resistito all'usura dei secoli,caratterizzando il " femminino " nostro fino a qualche decennio fa. Poi i media lo hanno ucciso.  

Non si deve commettere lo sbaglio,però, di pensare alle gallipoline del 500,come a dei tipi standard,a fotocopie, o a tipi clonati.La realtà è fatta pure di alterità sostanziali.E anche a quel tempo non mancavano tipi particolari e personalità fuori dall'ordinario.
Guardiamo al fresco ritratto di Nifi, proposto dallo stesso Antonio Galateo nella poesia A Nifi gallipolitana : esso celebra , evidentemente, una salentina assai diversa, disinibita, maliarda, al cui fascino non ha saputo sottrarsi neanche il maturo medico galatonese. I quale,stuzzicato dalla sfacciata Nifi , che gli ha chiesto più volte di pubblicizzare la sua bellezza, ( " pulchram celebrari exoptantem " ), non ha saputo resistere alle sue arti seduttrici a ai suoi " argomenti " femminili , e ha finito per colarla di lodi. " Tutti i giovani riconoscono che sei bella - le dice - e chiunque possieda un minimo di senso estetico , ne resta stordito, e si convince che non hai rivali ".
E prosegue : " insaziata come sei di complimenti,che pure meriti, te ne darò al di là di ogni tua aspettativa. Sono sicuro che Venere, se venisse a cercare l'amore in mezzo a noi, s'incarnerebbe nella tua persona ".
Questi sviscerati complimenti di un uomo ad una donna di oltre cinquecento anni fa , ci presentano una ragazza moderna , e Nifi , tutto sommato , sembra precorrere le vamp del nostro tempo, così affamate di visibilità , così determinate a far valorizzare la propria immagine attraverso il video e le cronache rosa. Non disponiamo di elementi utili alla datazione della poesia galateana,o alla ricostruzione delle circostanze che la ispirarono: La misteriosa Nifi potrebbe aver fatto parte del gruppetto di interlocutori che s'intrattenevano , di sera , a conversare con l'umanista , alla fine delle visite ai suoi pazienti .
Non è , comunque, da escludere un incontro occasionale, avvenuto a Gallipoli , oppure in altro luogo.Comunque sia , la sbarazzina Nifi non ha niente a spartire con le caste gallipoline della Callipolis descriptio. Nifi è femmina d'oggi che veste con tale audacia , da far pensare , come ha immaginato Gino Pisanò, alla minigonna mozzafiato. Il suo desiderio di apparire, di farsi notare, di far girare la testa agli uomini, la rende viva e attualissima , sicura d'essere uno schianto e di far breccia nei giovani maschi.
Non riuscì a salvarsene neanche il saggio e pensoso Galateo.

Vittorio Zacchino