Appunti di viaggio - Piaceri della gola: il merluzzo

L’Italia deve la sua passione per il merluzzo al Capitano veneziano Pietro Quirini, che nel lontano 1943, facendo naufragio alle isole Lofoten, arcipelago a 200 km. oltre il Circolo Polare Artico, capì subito la portata rivoluzionaria di un pesce molto nutriente,conservabile e valorizzato da secoli  dalla cucina veneta. Da piatto povero diventa ricco, competendo subito con i pesci più pregiati, purchè salato o essiccato, cioè baccalà o stoccafisso. La cosa che può sembrare strana  è che, dei milioni di tonnellate di  merluzzi che si pescano nel lembo più settentrionale della Norvegia, posto incredibilmente bello e magico, fatto di montagne che finiscono a strapiombo nel mare, di campi verdi e di colori intensi, quasi il 90% viene consumato dai palati fini, esigenti e delicati  degli italiani. Grazie alla nostra cucina, la migliore del mondo, autentica e popolare , rappresentiamo da moltissimi anni l’unico mercato importante dei pescatori norvegesi, che realizzano  ottimi guadagni, riuscendo a mantenere sempre costante il prezzo di vendita grazie alla strategica offerta equilibrata: la proficua pesca, rituale antico e ancora oggi suggestivo, si scatena soltanto nel periodo che va da gennaio ad aprile. La fortuna del merluzzo è dovuta al fatto di essere utilizzato in tutte le sue componenti. Le teste, una volta essiccate, vengono ridotte in farina , che confezionata in piccole poltiglie, viene impiegata nella piscicoltura . Gli indigeni, invece, considerano prelibatezze le lingue che, bollite e condite, vengono servite nei ristoranti  alla moda. Alle isole Lofoten, che abbiamo visitato e ammirato in tutta la loro bellezza più di una  volta, è tradizione che a tagliarle e a venderle autonomamente al mercato siano i ragazzi, i quali familiarizzano sin da piccoli con tanto bendidio. Le uova sono usate per la produzione del caviale, mentre dal fegato si ricava il famoso olio, ottimo ricostituente, che tanto aiuto ci ha dato nel dopoguerra, quando, sulla maggior parte  delle tavole degli italiani, scarseggiava  il cibo. L’ambiente naturale del merluzzo è l’acqua gelida e profonda del Mar di Barents, ricco di plancton e particolarmente adatto alla sua crescita. Nel momento dell’istinto alla moltiplicazione, migra verso il sud  per raggiungere le acque più calde. L’habitat ideale verso cui tende, però, sono le coste della Norvegia, in particolare le isole Lofoten, dove incontra la corrente del golfo e centinaia di barche a motore di piccolo e medio cabotaggio che, con migliaia di palamiti innescati con pezzi di sgombro oppure con reti, dopo aver individuato i banchi con l’ecoscandaglio, fanno ricchissime pescate. Il processo di lavorazione del merluzzo in stoccafisso viene eseguito con grande cura. Appena pescato va subito dissanguato, decapitato, ripulito e legato a coppie per la coda con delle piccole funi, dopodicchè viene sistemato su delle rastrelliere situate nelle immediate vicinanze del mare. E’ uno spettacolo meraviglioso vedere il paesaggio invernale innevato e costellato da centinaia di tralicci piani o a forma di piramide da cui penzolano milioni di merluzzi. Le condizioni climatiche particolari sono le isole Lofoten; neve, vento, giornate secche senza pioggia e temperature di zero gradi, garantiscono una perfetta essiccazione. Una curiosità: per ottenere un chilo di stoccafisso occorre un merluzzo di circa quattro chili eviscerato e decapitato. Ultimata la fase della stagionatura, che avviene nei magazzini senza alcun  ulteriore intervento dell’uomo, si procede alla selezione in funzione del peso. Lo stoccafisso di terza scelta è destinato al mercato africano, quello di seconda ai diversi mercati mondiali, mentre quello di prima scelta al mercato italiano. Il merluzzo pescato nei mesi di gennaio e febbraio invece diventa baccalà, in quanto pescato in un periodo in cui il clima è molto più rigido e quindi per niente adatto all’essiccazione. Più complessa la lavorazione del baccalà, alla quale abbiamo avuto il piacere di assistere personalmente durante uno dei nostri viaggi in quelle meravigliose terre dagli spazi e dal mare infinito e che può essere di tre tipi. Baccalà salato secco: il pesce viene decapitato, eviscerato e fatto passare in speciali macchine per una particolare essiccazione ; baccalà salato bagnato: il pesce viene sempre decapitato ed eviscerato, quindi confezionato in balle e conservato a temperatura intorno agli zero gradi; filettoni di baccalà salato e bagnato: dopo essere stato decapitato, eviscerato e liberato dalle pinne dorsali, ventrali e dalla lisca, il filetto viene salato e conservato ad una temperatura di zero gradi. Tra i maggiori consumatori di stoccafisso i primi risultano i napoletani,  a seguire i veneti, i friulani, i trentini, i liguri, i marchigiani, i pugliesi ed in fine i siciliani. Il resto del mondo, invece, consuma baccalà. Un particolare: in Friuli – Venezia  Giulia ed in Veneto, per antica abitudine dialettale, lo stoccafisso viene chiamato baccalà,  perciò,  se vi trovate da quelle parti, “culla “ delle più svariate ricette a base di stoccafisso, e ordinate il baccalà, state pur certi che vi sarà servito “il pesce bastone” nelle sue più gustose e squisite  specialità . Osti, chef e massaie creano piatti fantasiosi  riuscendo a far star bene insieme in maniera esaltante il pesce con spezie, erbette, patate e pomodori. Alle isole Lofoten, situato in un villaggio di nome A ( è il nome di città più corto del mondo ), si trova un curioso museo della pesca, il Lofoten Torfisk Museum, che ha per soggetto solo lo stoccafisso, dove sono raccolti i dati sulla pesca, la preparazione e la storia del merluzzo essiccato e salato.


Giuseppe PACCIOLLA