1 Maggio: Festa del lavoro

Origini e significato

    Il 1° maggio dell’anno 1886 otto lavoratori americani vennero impiccati in un lugubre cortile di una prigione di CHICAGO dove si trovavano rinchiusi da oltre 3 anni. La destra americana del Governo di allora, sostenuta dal grosso e totalizzante capitale americano, affermò in quella occasione che un atto di giustizia era stato compiuto.
    La magistratura, da parte sua, che pure aveva decretato la sentenza con ferocia e cinismo, ammise, per dichiarazione dello stesso Presidente della Corte, che a carico degli imputati non vi era alcuna prova provata, neanche la più vaga, la più labile. Ma la sentenza così aberrante, intessuta di infamia, così come fu interpretata dalla quasi totalità della stampa mondiale, venne eseguita.
    Ma come fu possibile arrivare a tanto?
    Che cosa era successo in realtà?
    Di che cosa furono, a torto, accusati gli otto lavoratori, visto che in nessun modo erano venuti meno alle leggi del loro Paese?
    I fatti possono essere così ricostruiti. Erano quegli gli anni in cui i lavoratori americani, ma anche altrove, lavoravano nei campi e nelle officine “da mane a sera” o meglio “da sole a sole”, così che il lavoratore avendo preso coscienza di questo suo sfruttamento, cercava di liberarsi, di riscattarsi con ogni mezzo da questa schiavitù. In vero, si era già diffusa in ogni parte del mondo un’idea di Socialismo che dava la forza e il coraggio ai lavoratori di cominciare ad organizzarsi.
    A Chicago si costituì , ben presto, una Associazione di Lavoratori che si definì: CAVALIERI del LAVORO.
    Ebbene, questa Associazione promosse, insieme con la Federazione Operaia Americana, un grande movimento per la conquista delle otto ore lavorative giornaliere. Movimento che si andava articolando in riunioni, adunanze, comizi e cortei con fiammeggianti bandiere rosse.     Avvenne che, durante lo svolgersi della manifestazione del 1° maggio dell’anno 1886, in cui i lavoratori vennero a conflitto con le Forze dell’Ordine, nel momento più drammatico dell’urto, scoppiò una bomba.
    Dopo di che vi furono ovviamente degli arresti, ma non si seppe mai chi l’aveva scagliata. Intanto la Polizia non proseguì le indagini, non cercò indizi o altro per arrivare a scoprire i responsabili della strage così efferata e crudele; gli otto lavoratori, a giudizio degli Organi di Polizia vennero ritenuti gli organizzatori e  i partecipanti alla stessa manifestazione e, nella presunzione che gli stessi fossero anarchici militanti, furono anche ritenuti assolutamente capaci di commettere il reato che era stato loro ascritto.
    Sicchè il fatto che non l’avessero commesso loro non aveva né valore né importanza. Di qui, dunque, il processo e la crudele e disumana sentenza. Questo fatto scatenò nelle diverse aree del pianeta un immenso fremito proletario di solidarietà e di rivolta, nonché una forte e progressiva presa di coscienza sulla situazione degli operai che nello stesso anno(1886) portò a Lione alla costituzione della “Federazione dei Sindacati Operai”.
    Successivamente, nel 1° Congresso della Nuova Internazionale Sindacale che si tenne a Parigi nella sala ‘Petrelle’ dal 13 al 21 luglio dell’anno 1889, dove l’Italia fu rappresentata da cinque delegati fra cui Andrea Costa e Amilcare Cipriani, su iniziativa e proposta della Federazione dei Sindacati Operai fu votata, all’unanimità, una risoluzione di notevole portata con la quale si fissava la manifestazione universale al 1° maggio di ogni anno.
    ”Verrà organizzata una grande manifestazione internazionale a data fissa, in modo che in tutti i Paesi ed in tutte le Città, contemporaneamente, nello stesso giorno stabilito, i lavoratori impegnino i Poteri Pubblici a ridurre legalmente la giornata di lavoro a otto ore e ad applicare le altre risoluzioni del Congresso Internazionale di Parigi”.
    Intanto si andarono costituendo e diffondendo in America come in Europa i cosiddetti Movimenti di agitazione e i lavoratori, da questi guidati e organizzati, cominciarono a rifiutarsi di lavorare per più di otto ore al giorno, a partire dal 1° maggio del 1906, perchè così aveva stabilito una risoluzione adottata dalla Nuova Internazionale Sindacale.
    Quando poi, a questa rivendicazione si aggiunse l’altra relativa alla cosiddetta ‘settimana inglese’ che voleva far cessare il lavoro al mezzogiorno del sabato, la pressione esercitata dai lavoratori nei confronti dei padroni nei diversi Paesi fu così costante ed accanita da spingere i padroni stessi a perfezionare i mezzi meccanici e chimici della produzione, divenendo così loro stessi i lavoratori stimolo del progresso industriale e artefici delle loro stesse conquiste civili, politiche e sociali.
    Vero è, intanto, che di strada in più di un secolo se ne è fatta e molti diritti civili, politici e sociali sotto la guida dei Sindacati del Lavoro sono stati conquistati. Ma il momento di crisi globale che stiamo attraversando sembra stia mettendo in forse parte delle conquiste stesse che pure sono costate lotte aspre e sanguinose, duri sacrifici ed a volte anche la morte di alcuni lavoratori.
    E pur tuttavia il mondo del Lavoro può ben considerare con fierezza e orgoglio il cammino percorso. Questo, ma non solo, vuole essere, dunque, il significato della Festa del 1° maggio, in quanto la marcia verso la giustizia sociale non è ancora compiuta, per cui essa stessa è un divenire costante e permanente. E proprio in questi tempi sta subendo un forte arresto non solo a causa di alcuni non ben identificati speculatori finanziari, come vogliono farci credere, ma anche per gli interessi egoistici di alcune imprese.
    Ci sono, infatti, ancora nella nostra Società troppi abusi, troppi privilegi, troppe ingiustizie sociali; troppa distanza, che peraltro va sempre crescendo, separa i poveri dai ricchi, anzi, come si dice oggi, i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. E tutto questo rende la Democrazia una parola priva di senso, perchè una Democrazia, per essere tale, deve essere anche sociale, oppure non lo è.
    Basti pensare che nel nostro Paese vi è una situazione disoccupaszionale spaventosa. Già i risultati delle analisi statistiche condotte da più istituti fissano la disoccupazione a circa due milioni e mezzo di unità di forza-lavoro ai quali si vanno aggiungendo via via decine di migliaia di altri disoccupati vittime della recessione in atto e non solo e la scure sembra stia colpendo i precari in scadenza di contratto e nell’anno in corso, pensate un po’,ne scadono circa due milioni cinquecento.     Ora la recessione, così galoppante, che non risparmia più nessuno, sta toccando un po’ tutti i settori della produzione in quanto molte imprese registrano riduzione di ordini a seguito di cali di consumi dal settore dell’auto e delle macchine in genere a quello dell’informatica, dalla nautica al chimico, dal manifatturiero al terziario tutto, ma è vero anche che alcune industrie hanno delocalizzato le loro produzioni, altre lo stanno facendo in questi giorni e altre lo faranno in seguito.     Tanto per indicarne alcune: l’INDESIT (NONE-TORINO-FRIGORIFERI) ha chiuso i battenti mandando a casa seicento operai per trapiantarsi in Polonia; la BENETTON, così premurosa per salvare l’italianità della società di navigazione aerea dimessa,  chiude lo stabilimento di PIOBESI (TORINO) per sbarcare in Tunisia.
    Ora se questa è la situazione in Italia, le soluzioni alla crisi economico-sociale-finanziaria non verranno certamente a breve. Alcuni economisti, esperti e studiosi in genere di questa materia parlano di molti mesi, altri dicono più anni, in quanto occorrono soluzioni non estemporanee ma radicali  e profonde.
    Molti governi, però, si stanno già muovendo da un pezzo; il nostro ancora riflette. Tanto se ora è notte buia o buio pesto per tutti almeno possiamo sperare che giorno verrà, da oltre atlantico, sino a toccare l’Europa e, quindi, l’Italia.


Luigi PARISI