Politica e Antipolitica

La Politica, se nel linguaggio comune i termini non subiscono nel tempo alcuna modifica, ha sempre, ieri come oggi, significato e indicato quell’insieme di scienze e arte o più concretamente la teoria  e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica, attraverso i principi, le regole e le norme che lo stato stesso si dà.
E così fu concepita la Politica dal nostro legislatore, il quale, nell’Assemblea Costituente eletta subito dopo il 2° conflitto mondiale e la lotta al nazifascismo, nell’ impostare e formulare la Carta Costituzionale, all’art. 49 fissò anche la strada per la costruzione dello strumento, ossia il partito politico, atto a svolgerla, laddove dice: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare  la politica nazionale.”
Politica e democrazia, dunque, si intrecciano e si coniugano.
Si formarono, così, tanti partiti, alcuni detti di massa, perché riuscirono ad organizzare milioni di persone (D.C., P.S.I.U.P.,  P.C.I.) ed altri di opinione che raccolsero gran parte degli intellettuali, (P.L.I.-P.R.I  ed altri), ma tutti ben strutturati, ciascuno con le sue idee, i suoi ideali, le sue ideologie, il suo statuto, la sua dottrina politica e tutti insieme questi valori costituivano un progetto per il futuro, di fronte al quale, oggi, si può soltanto provare nostalgia, in quanto è un passato che non ritorna.
Era quella la fase della politica che in seguito fu da alcuni definita romantica e quelli della mia generazione hanno fatto appena in tempo a viverla.
Ricordo ancora, come fosse ieri, la mia adesione al P.S.I.U.P, nel lontano 1946, maturata e formalizzata dopo aver letto con impegno e via via commentato con alcuni amici e compagni vari scritti di Turati, Treves, Nenni ed altri, ma soprattutto “ l’umanesimo marxista”  di Giuseppe SARAGAT, che dette la spinta maggiore alla nostra adesione. Tempi passati.
Ma noi ora non siamo  affatto interessati ad entrare nella specificità e nelle diverse accezioni del termine politica, sia essa estera o economica, scolastica o sanitaria, ambientalista o altro ancora.
Non è compito nostro.
Semmai intendiamo porre la nostra attenzione sulla politica intesa come l’impegno di chi sceglie di partecipare direttamente alla vita pubblica, come membro di un partito o di una qualsiasi Pubblica Amministrazione, anche in sede locale.
E allora vediamo subito anche qui da noi, come altrove, non vi sono oggi, come non vi sono stati in questi ultimi anni, tanti politici veri, autentici che abbiano svolto o svolgano con dedizione, spirito di servizio e competenza le funzioni loro affidate, mentre non sono mancate figure di sedicenti politici anzi a dir meglio, i cosiddetti politicanti, in ogni tempo.
E colui che ne viene investito non svolge quasi mai la funzione di pubblico amministratore, con l’occhio rivolto ad un progetto unitario coerente e visibile quando non manca e con un minimo di competenza quando questa c’è.
 Mentre la sua attenzione è più rivolta a trarne vantaggi personali, di famiglia o di gruppo, in un quadro di pratica spartitoria, come unica arma per perseguire un equilibrio di mantenimento, altrimenti irraggiungibile.
La verità e che siamo in piena crisi partitica e politica e i segnali sono sotto gli occhi di tutti e chi non vuole non vede.     
Manca una cultura della legalità e di conseguenza la questione morale, di cui si ha urgente necessità, viene elusa.
La gente in generale e i giovani in particolare non credono più nei partiti e, pertanto calano, spaventosamente, le iscrizioni; a volte il cittadino esprime una certa disaffezione anche nei confronti dei tanto propagandati valori e programmi dei partiti politici e si astiene dall’esprimere il voto in qualsiasi tipo di elezione politica o amministrativa.
I partiti così non contano più niente.
Essi non svolgono più, come una volta una funzione di guida così da esplicare pienamente le loro capacità di incarnare un’idea del paese ed elaborare le strategie programmatiche possibili. Onorevoli e Consiglieri eletti che cambiano casacca prima e dopo la loro proclamazione.
Sindaci eletti dal popolo, ma che si svincolano dalle ragioni dell’etica politica.
Abbiamo sostituito la democrazia di partito con la democrazia di una sola persona, se volete anche importante, che sceglie il candidato Sindaco che una volta eletto diventa poi un vessillifero, cioè un portatore di fascia o di bandiera, in quanto è l’altro, rimasto nell’ombra, a governare il paese.
Il cittadino-elettore così finisce col percepire la democrazia come un sistema, un modello che indica il potere dei pochi o addirittura di una sola persona sui molti, riproducendo, così, modelli neo-feudali o neo-dinastici.
La situazione politica, dunque, è, quanto meno, incerta e la soluzione alla crisi tarda a venire.
Si è tanto parlato e scritto in una cornice di antipolitica e si è tentata la soluzione rivolgendosi dapprima alla cosiddetta società civile per trovare nuova linfa, cioè, personaggi autorevoli da proporre all’attenzione degli elettori. Poi si è passati al tentativo di formare il partito dei Sindaci, ma queste non potevano essere soluzioni alla crisi politica, come non può essere una soluzione un governo di programma affidato a Tecnici, in quanto la tecnica non ha valori e quindi è fuori dalla democrazia rappresentativa.
Solo il partito politico, dunque, ben strutturato così come lo era una volta non è indifferente ai valori politici e sociali e sa guardare alle questioni di carattere etico.
 Ma occorre una classe dirigente diversa e impegnata ed anche altri sistemi elettorali in quanto quello per la elezione dei parlamentari ha messo in crisi il rapporto dell’eletto con l’elettore poiché l’eletto fa capo alla Segreteria del Partito, mentre, il sistema elettorale locale non consente nemmeno con le primarie, un ampia e più democratica selezione nella scelta del candidato, in quanto viene quasi sempre scelto da poche, se non proprio da una sola persona e imposto agli Elettori.

Luigi PARISI