Edicole sacre

Il Salento è ricco di nicchie votive, sparse tra i vicoli del centro storico  e nelle stradine di campagna. Fuori le mura cittadine troviamo anche numerose cappelle. Testimonianze di una fervida religiosità popolare che ha arricchito il nostro patrimonio storico-artistico.
L’uso di costruire edicole risale a tempi antichissimi; assai diffuso presso i Romani il culto dei Lari come espressione della religiosità popolare, con il Cristianesimo le immagini dei pagani furono sostituite da quelle cristiane della Madonna, di Gesù e di alcuni Santi.
Esistono edicole-altarino, con tettuccio protettivo ed un appoggio per i fiori e lampada; edicole a nicchia in muri semplici e lineari, edicole-parete spesso in bassorilievo lapideo incastonato sulla facciata di una casa o di una chiesa; tutte comunque costituiscono un bene culturale da salvaguardare, per il grande significato storico che assumono nel contesto spazio-temporale, al di fuori del quale diventerebbero mute e prive di ogni valenza.
A Gallipoli vi sono 24 nicchie votive chiamate dai gallipolina “cuneddhe”, (icuneddhe)che ha significato letterale di “piccolo affresco sacro”, un nome che evoca le antiche radici greche, 10 sono dedicate alla Madonna. I committenti erano devoti che si affidavano al Santo per essere protetti ed erano gli stessi che si occupavano della cura e a volte anche lo stesso vicinato. Le più antiche edicole erano dipinte a fresco sui muri e, in seguito, su tela, dipinte ad olio o tempera; arricchite da cornici, mensole e fioriere. Presentavano spesso delle statue di cartapesta, opere degli artigiani locali. A completare questo piccolo monumento di fede, un lumino sempre acceso, segno di devozione. L’edicola sacra è parte integrante dell’arredo urbano, considerata in passato come arte “minore”; oggi possiamo ammirarle sotto il profilo architettonico ed artistico.
Nelle campagne circostanti, sorgevano numerose cappelle la cui esistenza però non deve indurre a pensare ad un’intensa opera di evangelizzazione delle genti rurali. Le motivazioni erano diverse: le cappelle extraurbane hanno avuto origine dalla devozione della gente del luogo o, come nel caso delle cappelle di patronato, da motivi pratici e di comodità, oppure da motivi occasionali, come nel caso della cappella di S. Maria della Vittoria, costruita nella prima metà del ‘ 500, per ricordare la vittoria riportata dai gallipolina contro i francesi, al tempo di Carlo V; si celebrava una sola Messa durante l’anno, il 7 settembre.
Le cappelle di patronato erano cappelle private, costruite nelle abitazioni stagionali di ricchi proprietari chiamate “casine” o “ville” ed offrivano la comodità di poter ascoltare Messa, nel periodo della villeggiatura, senza spostarsi fino alla città.
Cappelle di patronato erano: S. Giovanni Battista, appartenente a Giovanni Cortese, sita in località Lo Camastra o Le Cornule; S. Francesco, proprietà di Giulio Pirelli, fondata all’inizio del 1600, si trovava in località Rodogallo, a circa 6000 passi dalla città; il S.S. Rosario proprietà degli eredi di Andrea  Venneri, in S.Sirso; S Maria delle Grazie apparteneva a Giuseppe Cuti distava dalla città 5300 passi e si trovava in località  Li Cuti, godeva un beneficio, da parte di Elisabetta Cuti, di 300 ducati con l’obbligo di celebrare nelle festività solenni. S. Michele Arcangelo apparteneva agli eredi di Ercole Coppola, si trovava in località Rodogallo, a circa 5300 passi dalla città; godeva un beneficio di 18 ducati annui con l’obbligo di celebrare per 9 mesi l’anno.
C’era poi la cappella di S. Agata di proprietà del canonico Pietro Forcignanò; pur essendo stata fondata senza dote et onere, si celebrava in essa frequentemente per devozione alla Santa protettrice della città e, spesso quotidianamente, durante il periodo estivo; si trovava a circa 400 passi dalla città, in località Li Canali.
Ed infine S. Nicola sopra la Serra del chierico Domenico Musarò; si trovava in località Rodogallo distante dalla città 6000 passi.
Questo cammino di fede tra nicchie e cappelle ha evidenziato come la tradizione di costruire edicole è sopravvissuta con motivazioni diverse, fino ai giorni nostri, nonostante le modifiche urbane e extraurbane.  L’amore per le tradizioni serve ad evitarne la definitiva scomparsa.  Per questo motivo si è pensato di procedere verso una catalogazione fotografica che documenti tutte le edicole votive e il loro stato di conservazione.
Una oculata politica di interventi per tutelare un patrimonio così legato al cuore della gente comune, con dei restauri conservativi che non alterano l’opera originale, è ciò che s’intende proporre.

Patrizia CHIARICÓ