Monastero di S. Teresa a Gallipoli

    Nell’anno del Signore 1692, sotto il Vicereame spagnolo di Napoli, fu fondato a Gallipoli, nei pressi dell’Episcopio, il Monastero di S. Teresa. All’epoca la città, se non era già prospera e opulenta, godeva di relativo benessere grazie all’attività mercantile del porto, donde veicolava il traffico d’olio lampante da esportare anche in Europa. Fuori dalle mura civiche dell’isola abitata, tranne la chiesa dei Cappuccini e qualche rara cappella rurale, esisteva solo la bella chiesa del Canneto, oggi santuario mariano. Il borgo antico, invece, un reticolo di tortuosi meandri, vicoli e corti, si fregiava di una ventina di chiese, ricche di arte e di storia, dislocate lungo le mura o all’interno dell’abitato.
     Il Clero contava più di 250 unità tra religiosi del Capitolo, suddiaconi e chierici regolari. Esistevano cinque complessi monastici: Francescani Riformati (1217), Padri Domenicani (1517), Clarisse (1578), Padri Cappuccini (1583), Frati Minimi Paolotti (1621). Numerose erano inoltre le Confraternite laicali, sebbene l’assenso regio, che formalizzò le regole dei loro statuti, fosse della seconda metà del ‘700. Organate presso le più importanti chiese cittadine, aggregavano a scopo morale, sociale e religioso le varie categorie di arti e mestieri della città (bottai, pescatori, facchini, muratori, fabbri, sarti, falegnami, calzolai, commercianti e professionisti).
     Proprio nel bel mezzo di un così intenso fervore religioso, ispirato anche ai dettami della Controriforma, sorse il monastero delle Teresiane (cfr. Carmela Casole, Il Monastero delle Carmelitane scalze di Gallipoli, Manduria-TA, 1992).
     Il suo tenace fondatore fu l’ultimo vescovo spagnolo di Gallipoli, il castigliano  mons. Antonio Perez de la Lastra (1631-1700), uomo dotato di eccezionale cultura e fede profonda. Di stampo spiccatamente postridentino, era ricco di umiltà, altruismo e generosità non comune. Fece ingresso solenne in città il 22 maggio 1679 come pastore di seimila anime tutte abitanti nell’isola del centro storico, fatto salvo uno sparuto numero nel contado sino a S. Maria dell’Alizza e a S. Maria delle Grazie. Conterraneo di S. Teresa d’Avila, fondatrice delle Carmelitane scalze, per lei nutriva particolare venerazione. In Spagna il prelato aveva trascorso la giovinezza in tre località in cui la Santa spagnola visse ed eresse monasteri: Burgos, Salamanca, Tormes (la città dove l’eccelsa Madre passò a miglior vita).
     Nel 1685, maturando già l’arduo progetto della nuova edificazione del Carmelo e della chiesa annessa, il vescovo donò a tal fine una rendita di 14 ducati annui ricavata dai beni della mensa vescovile. Acquistò subito alcuni caseggiati nell’area di S. Maria di Costantinopoli che demolì per dare avvio, nel 1687, ai lavori per erigere, a proprie spese, l’intero complesso. L’opera terminò il 13 maggio 1690, allorché fu solennemente consacrata la nuova chiesa, essendo sindaco Maurizio Calò.
     Assai sobria la struttura dell’edificio monastico: muri solidi, due porte ben munite, chiostro arioso, giardino alberato con cisterna centrale, due stanze ad infermeria; nel piano inferiore, coro, oratorio, sacrestia, refettorio, cucina, stanze per deposito e cantina; al primo piano, sui quattro ballatoi perimetrali, ventuno celle del dormitorio con attiguo il coro superiore donde si accede alle stanze del Romitaggio per gli esercizi spirituali; sulla terrazza la stanza del Belvedere da cui, non viste, le suore possono ammirare il mare sino all’orizzonte.
     Il primo nucleo teresiano di Gallipoli fu costituito inizialmente da due Clarisse del locale monastero di S. Chiara, alle quali il vescovo provvide a fare omaggio delle opere di S. Teresa d’Avila. Erano Suor Maria di San Giuseppe (al secolo Anna Maria Chirlingort, figlia del console inglese a Gallipoli, fattasi sorella con una dote di diecimila ducati) e Suor Maria di Santa Teresa (Anna Pirelli, gallipolina). Solo dopo che fu emesso dalla Sacra Congregazione il decreto ufficiale di fondazione (14 dicembre 1691), il vescovo ottenne finalmente di trasferire da S. Chiara le due sorelle quali fondatrici del nuovo Monastero Carmelitano.
     Il 27 maggio 1692 una solenne processione con l’intero Capitolo accompagnò le due Clarisse al monastero carmelitano. Il vescovo celebrò pontificale nella chiesa di S. Teresa, sontuoso gioiello del barocco salentino, dove comunicò le due fondatrici e tre novizie che avrebbero arricchito la famiglia del Carmelo. La prima Priora fu l’ex Badessa delle Clarisse, Suor Maria di Santa Teresa.
     Il 14 gennaio 1700, al termine di tribolazioni inaudite, ma felice di aver concretizzato il lungo sogno ed esaudito il suo voto alla Santa d’Avila, venne a mancare Antonio Perez de la Lastra, dopo aver visto, alla fine del secolo, completato il fastigio del Duomo e ricostruita la chiesa di S. Domenico. Il suo sepolcro è in piano all’altare maggiore della chiesa da lui voluta e il suo busto marmoreo domina la parete sinistra, sotto la grata del coro, tra le preghiere delle sorelle Carmelitane. Dalla scomparsa del suo fondatore-benefattore le sorti del monastero conobbero un graduale declino, specie sotto l’aspetto economico. Grave fu la crisi dopo il 7 luglio 1866, e per tutto il secolo, a seguito della legge di soppressione e confisca. Nel 1893, entrata in vigore la paventata legge esecutiva, la Comunità, formata da sole tre suore anziane più una novizia e una postulante, ricevette l’ordine governativo di chiusura.
     Ma un eccezionale evento miracoloso rappresentò la svolta decisiva: la  salvezza del monastero e la fortuna delle Carmelitane di Gallipoli. Si apriva un nuovo capitolo di storia che ha del soprannaturale. Protagonista S. Teresa del Bambino Gesù, nota come S. Teresina, al secolo Teresa Martin. Ultima di nove figli, nacque ad Alençon (Francia) il 2 gennaio 1873 dai coniugi Martin di provata fede cattolica. Due sorelle entrarono ben presto nel vicino Carmelo di Lisieux in Normandia. A quattro anni divenne orfana di madre e, a 16, grazie all’intercessione di Leone XIII, conosciuto di persona, entrò precocemente nel Carmelo. Vestì l’abito il 10 gennaio 1889 e professò solennemente l’8 settembre 1890. Ma a soli 24 anni, il 30 settembre 1897 (ore 16,30), pose fine alla sua storia terrena. Era da tempo fiaccata da tisi e da atroci sofferenze ma ancor più innamorata del suo Sposo Celeste. Sospirò beata: “Io non muoio, entro nella Vita”. Lasciò però degli scritti che le sorelle vollero dare alle stampe. La Storia di un’anima divenne ben presto un’opera famosa per le sue lezioni di speranza e di amore che piovono nell’anima di ciascuno come “petali di rose”. Promise che sarebbe tornata per confermare che la “Piccola via” era sicura nell’abbandono fiducioso tra le mani del Signore. E fortuna volle che, per volere imperscrutabile, scegliesse di visitare il Carmelo di Gallipoli.
     L’8 ottobre 1893 entrò nel nostro monastero, come novizia, la giovane gallipolina Ida Piccinno: aveva 21 anni. L’8 giugno 1895 la Comunità provvide ad acquistare dal Comune per 8.000 lire tutto il fabbrico monastico, chiesa compresa, ma con l’obbligo e l’impegno d’istituire un educandato femminile, mai entrato in funzione per carenza di adesioni. Ida Piccinno, fornita di ricca dote, prese i voti il 27 giugno 1896 col nome di Suor Maria Carmela del Cuore di Gesù. Anche grazie a lei fu scongiurata la minaccia di chiusura. Per straordinaria dispensa del Vaticano era già Priora a 28 anni. Fortunosamente iniziarono intanto ad aumentare le vocazioni. Ciò nonostante, il monastero non cessava d’essere afflitto da notevoli difficoltà economiche, più gravi all’inizio del nuovo secolo, allorché la crisi economica divenne generale.  Nel novembre 1903, vescovo Gaetano Müller, le ultime due Clarisse (70 e 90 anni) vennero sfrattate dal Comune per trasferirsi tra le Teresiane.
     Nel 1908 Suor Maria Ravizza, Priora delle Marcelline di Lecce, fece visita a Madre Carmela. Nell’occasione le parlò di una Carmelitana di Lisieux, Suor Teresa del Bambino Gesù appunto, deceduta un decennio addietro in odore di santità. L’anno successivo le donò la biografia della religiosa francese, alla cui protezione la Comunità si affidò per risolvere gli impellenti problemi materiali di sussistenza.
     Nel 1909 il deficit di cassa del monastero era già di 300 lire. Le suore, per sopravvivere, si affidavano esclusivamente ai miseri proventi del loro umile lavoro: le particole per la diocesi e i preziosi ricami. Era il mese di gennaio del 1910 allorché si registrò l’apparizione prodigiosa. Suor Carmela, iniziato con alcune sorelle un triduo alla SS. Trinità, chiese l’intercessione proprio di Suor Teresa del Bambino Gesù, non ancora santa. Il terzo giorno, alle tre del mattino del 16 gennaio, il miracolo, che fu poi documentato e utilizzato quale oggetto di una particolare sessione del processo canonico di beatificazione di Teresa Martin.
     A suor Carmela gravemente febbricitante si presentò una celeste “visione” nella persona di una delle sorelle, che le porse 500 lire (un rotolo di dieci biglietti da 50 lire del Banco di Napoli, uno dei quali ancora gelosamente custodito in monastero). Come certificato nella relazione ufficiale, l’ammalata, impossibilitata a muoversi, si vide nell’atto di seguirla giù fin nella stanza della ruota, dove, in obbedienza alla regola, furono depositate le banconote nell’apposita cassetta. Disse la visione: “Sono la Serva di Dio, suor Teresa di Lisieux”. Suor Carmela fece per accompagnarla all’uscita, ma suor Teresa le rispose: “La mia via è sicura e non mi sono sbagliata seguendola”. I momenti significativi di questa storia singolare sono contestualmente immortalati in cinque tele di dialogo esposte nel monastero francese.
     Il miracolo proseguì ancora. Successivamente, nelle entrate di fine gennaio si trovò un surplus inspiegabile di 25 lire, che si ripeté sino ad aprile. Intanto fu interamente saldato il debito delle 300 lire ed altro ancora. Restavano due biglietti da 50. Nel mese di maggio suor Carmela rivide in sogno la piccola Teresa che le confermò il miracolo e le promise che avrebbe trovato nella cassetta un biglietto da 50 lire. Solo che furono tre i biglietti rinvenuti. Infine in agosto altre 100 lire.
     Per chiarire tanti accadimenti misteriosi, giunse a Gallipoli il vicepostulatore della causa di beatificazione. Il racconto di suor Carmela si mantenne conforme ad una precedente relazione inviata alla Priora di Lisieux, Madre Agnese, sorella della Santa. Un ulteriore prodigio si verificò in capo all’anno, il 16 gennaio 1911. Testimone di quest’altra pagina storica fu il vescovo di Nardò, mons. Giannattasio: aveva offerto in una busta sigillata 500 lire, ma se ne trovarono 300 in più (due da 100 e due da 50).  Il 14 febbraio 1910 avvenne l’interrogatorio dinanzi al vescovo Müller e ad una commissione da lui istituita. Si cercava la verità che era unicamente registrata nel gran volume della Divina Provvidenza.
     Ma da quell’episodio s’iniziò a registrare un aumento di fede per la Santa di Lisieux. Andò a crescere la fortuna del convento anche sotto l’aspetto spirituale per un periodo luminoso.  Il 25 marzo 1911 entrò la prima novizia, il cui solo nome era un segno del destino: Suor Teresa di Gesù Bambino, ovvero Antonietta Giannattasio, sorella del vescovo neretino! Si moltiplicavano frattanto le Comunità del Carmelo nel territorio. Nel maggio 1931 Madre Carmela con tre religiose fondò il monastero di S. Simone dove si trasferirono, mentre da Napoli giunse la nuova Priora Madre Serafina del Carmelo, poi fondatrice del monastero di Matino (1951). L’8 giugno 1955 Ida Piccinno, protagonista del miracolo voluto dal Cielo, lasciò la casa terrena, portando con sé un bagaglio di storia e ricchezza spirituale. Anche per opera sua S. Teresina era ascesa agli onori degli altari, legando a sé le sorti del Carmelo di Gallipoli.
     A distanza di circa un secolo, proprio nell’anno giubilare, le reliquie di S. Teresa del Bambino Gesù sono approdate nella nostra città, accolte dalle 15 Carmelitane scalze, in rigida clausura nel monastero da Lei provvidenzialmente salvato per gli anni a venire. È stato il sigillo del miracolo del 1910, quasi come gratitudine del Carmelo di Lisieux alle consorelle di Gallipoli per la causa di beatificazione. La straordinaria circostanza ha costituito per l’intera comunità cittadina, per la diocesi e per il Salento un’occasione irripetibile di fede, di crescita spirituale e religiosa. Davvero una festa di popolo intensamente sentita e vissuta, una festa che ha coinvolto una folla eccezionale di credenti e fedeli profondamente commossi.
     Le sacre spoglie, religiosamente custodite in un’urna artisticamente decorata, in processione solenne, col vescovo Caliandro, il Capitolo, le Confraternite, le Associazioni cattoliche e le Autorità civili e militari, dal piazzale Canneto, superato il ponte, hanno raggiunto la Cattedrale e poi la chiesa di S. Teresa tra una gioia incommensurabile. Straordinaria ed entusiastica la partecipazione popolare, ricca di forti emozioni spirituali. Neppure è mancata una programmazione particolarmente nutrita di manifestazioni, iniziative e celebrazioni, durate per quattro giorni (26-29 maggio 2000). Giornate sublimi e indimenticabili, scolpite nel cuore di tutti, anche nella storia della Comunità!  
     A ricordo di quel fausto evento, una leggiadra statua lapidea della Santa francese, allietata di rose, adorna oggi un angolo finora anonimo e negletto del fabbrico monastico contiguo alla chiesa sconsacrata di S. Maria di Costantinopoli in via C. Muzio. Un cartiglio recita: “Sono qui per custodire il Convento”. Segue la data dell’inaugurazione: 31 maggio 2001.

Gino SCHIROSI