Madri Nere

Lą ove il tempo sfrangia viottoli in ingenuitą di tratturi,
a broli di zinnie e tageti, le bocche di leone ammiccano
ai settembrini sotto ombre di fichi, cannicci di pomodori
s'ubriacano al sole seccando per addolcirci l'inverno;

le albe ridono presto delle voci deste prima di loro
anzi che la luce chiami arde lampi il fuoco sotto treppiedi
di cuprei  paiuoli, borbottando barbagli di carezze nella
penombra di scarne stanze ad impiantito di lastre di pietra,

TEMPLI, scolpiti dal ricordo che li erige immortali, ignoti
a moltitudini MONTI SACRI alla memoria, all'affetto che lģ si
avvinghia in catene a mai sciogliere, scudo ai destini dei
figli LEGAME eterno, indissolubile: le MADRI NERE, voce muta
che dolce il vivere accompagna nella vita di Sud estremo.

Hanno volti sereni della certezza, il nero perenne
dei lutti esistenziali, quando la vita lacera con prematuri
stupri irricomponibili, a perdono del vivere, a chiedere
scusa d'ogni remota possibilitą di gioia, avvezze
ad un inevitando patire, quasi sentendosi ree di quell'atto
d'amore che pure agli animali regalņ natura.

Nascondono forme sotto fruscii di vesti nere, il vezzo
dei capelli annodano in forcine o fazzoletti scuri, nč
usano ciprie e mondanitą, a monili d'onice incannullano sagne
torte a sughi dolci, a "pomidoro"d'inverno, odori unici che
s'infilano in tarantole di viuzze antiche e fin nelle strade
nuove s'incanalano, cosģ che catturato t'inebri ad annusare.

Compaiono da caldi vicoli, dal limitare d'un antico mondo
che scompare, dal ciglio di bianche corti, all'ufficio postale
ora, nuovo focolare dei loro mutui ricordi. Sanno di calda
tenerezza che fruscia intorno pudica, nč danno carezze, a sguardi
ti ghiacciano se sbagli, se approvano, ti scaldano d'amore.

Contano a figli gli anni, non sacrifici e dare, hanno sguardi
di nuvole distanti, se ridono smagliano perle i denti;
ridanno serenitą quando chiuso dal muro nell'isola muta del
dolore ridonano speranza, a spennellate di sapienza e colori
nuovi di sole, ti rinascono a vita, un'altra volta, quando
crolla notte attorno e tutto č buio, mentre dentro si muore.

A meschate, rosse, bionde, le colte madri agnelle che
scrollano frutti come scricchiolii di pigne secche
che l'albero da sč scuote, con vissuto e memorie quando
agonizza il cuore, l'ego in supremazia; sulla fragilitą
delle Medee d'oggi vanno, scomparendo sul danno d'una
repentina mutazione, sulla "marcescenza" del tumularsi
l'agonia, questo instabile inquieto ritaglio dei millenni.

Tina RIZZO DE GIOVANNI