Bartolomeo Ravenna

Bartolomeo Ravenna, primogenito di Stefano e della N. B. Sig.ra Maria Crisigiovanni, nacque a Gallipoli il 20 settembre dell’anno 1761. Altri suoi fratelli furono: Nicola (1763) e Aurelio che nato nel 1767 morì giovanissimo all’età di 35 anni.
Per la sua prima formazione educativo-culturale i suoi genitori gli fecero frequentare la scuola del Convento dei Padri Francescani Rifornati, dove ebbe come suoi primi educatori il benemerito Padre Lettore Fra Tommaso della Rocca che ne era il Direttore e che fu anche Provinciale dell’Ordine ed altri ottimi religiosi, in particolar modo nelle scienze, come i Lettori Giacinto da Taranto e Girolamo da Brindisi.
Egli ne fu estremamente orgoglioso di questa sua prima esperienza educativo-culturale, tanto che espresse la sua gratitudine ai Padri, nel suo libro “Le Memorie…”, in termini devoti e ossequiosi: “Con la maggior compiacenza, che tutti coloro che hanno appreso le lettere e sono stati educati in questo Monastero sian tutti riusciti nel loro impiego qualunque”.
Ma prima di terminare gli studi ed ancor giovanissimo, spinto anche dall’amore che nutriva per la sua città, cominciò ad interessarsi della vita e della storia del paese in cui era nato.
Questo fu, dunque, il suo primo impegno, la sua vera ed autentica passione.
Così dette inizio ad una affannosa e certosina ricerca e ad uno studio quotidiano di manoscritti e memorie, già in suo possesso, che analizzò con profondità di critica.
Ma ben presto dovette provare l’amarezza di cessare questa sua, particolarmente felice attività, in quanto costretto dalle necessità della sua famiglia che lo volle impiegato nel commercio dell’olio ed altro, molto affermato ed esteso in tutta la provincia e fuori, che Essa stessa esercitava.
Nell’ottobre del 1778 poi morì il padre e questa circostanza luttuosa ne limitò ancor di più le sue possibilità di ricerca e di organizzazione del suo lavoro.
Intanto svolse, anche se solo per circa 20 anni, le funzioni di Notaio; e subito dopo venne nominato Segretario particolare del Castellano Pietro Paolo Remon, che seguì a Catanzaro quando questi fu nominato Preside di quella Provincia.
Di questo suo viaggio e delle circostanze che lo accompagnarono in ordine ai contatti avuti con le persone e con i diversi ambienti il Ravenna ne fece un diario (1) che non pubblicò e che fu, invece, opera di Don Vincenzo Liaci nel 1952, che provvide a dare corpo e organizzare quello che fu il “primo lavoro letterario di Bartolomeo Ravenna”.
Intanto all’età di 33 anni sposò la signora Maria Verdesca, appartenente ad una famiglia distinta e ricchissima di Copertino, che non gli diede figli.
Pur tuttavia, Egli, non abbandonò mai del tutto il suo progetto, la sua idea; così anche se già in età matura riprese il suo lavoro e gli diede una accurata organizzazione.
E lo fece nella consapevolezza, come Egli steso dice nell’introduzione al suo libro, che, anche per via della obbligata sospensione del lavoro, “non avrebbe potuto scrivere una Istoria, ma una Raccolta di Memorie Istoriche della nostra città di Gallipoli, le quali potranno servire soltanto come di un materiale a qualche altro più fortunato cittadino, che volesse formarne un opera con quei lumi e cognizioni, delle quali io son privo”.
Così Egli scrisse la sua opera, che dedicò ai suoi concittadini e che vide la sua prima pubblicazione nel 1836.
L’opera stessa dunque che titola: “Memorie Istoriche della Città di Gallipoli”, non è altro che un compendio, non privo, ovviamente, di critica e commenti, dei diversi aspetti di vita, di leggenda e di storia che a partire dai tempi di Plinio e Pomponio Mela per arrivare ai tempi in cui Egli stesso scrive, riguardano l’origine della città, la sua storia, i suoi usi e costumi, i diversi Ordini religiosi, il commercio, le scienze e le arti, le relazioni e le intese con gli Stati, i saccheggi e le guerre ed ogni altra attività che Gallipoli abbia svolto, essendo stata da sempre città demaniale.
L’opera è divisa in sei libri e ciascuno di essi in capitoli.
Nel 1° tratta delle diverse leggende e opinioni sull’origine di Gallipoli, del suo territorio, del porto, del commercio, dell’attività manifatturiera, della religione e dei costumi.
Nel 2° e nel 3° si occupa dei saccheggi e delle guerre subite dalla città, della capacità eroica con la quale le popolazioni le affrontavano e dei meritati privilegi, che, di volta in volta, venivano elargiti dal Regnante del momento.
Nel 4° descrive con accuratezza la cattedrale ed altre chiese, i monasteri, le parrocchie e le cappelle di tutto il territorio.
Nel 5° parla del Vescovado e delle attività religiose ed umane svolte, in favore della città e delle popolazioni, dai vescovi di cui si aveva notizia.
Nel 6° parla degli uomini illustri gallipolitani che si sono distinti nel campo religioso, in quello delle scienze e delle arti, della produzione e degli apprezzamenti avuti da costoro non solo in Gallipoli e nel proprio territorio, ma in ogni angolo della terra e del mondo in cui sono andati a svolgere, ciascuno la propria attività, rendendo così nota ed illustre la nostra città.
Ma come osserva Giuseppe Castiglione al paragrafo 20 del suo libro: “Gallipoli” il Ravenna va ricordato “non solo per l’opera sua, ma pe’ benefizi infiniti che la sua colossale ricchezza gli permise di largire alla Patria. Nel breve volger di pochi anni meglio di ducati 45.000 dai suoi scrigni si detrassero per la istituzione di Pii legati, che tutti ebbero l’umanitario scopo di sollevare i poveri e di dotare le povere fanciulle”.
Fu Egli, dunque, un uomo di animo generoso, munifico specie con i due Istituti Religiosi: il Monastero delle Carmelitane Scalze con una rendita di 2.500 ducati e l’Ordine di S. Vincenzo de Paoli con ducati 2.000, il Conservatorio di S. Luigi stesso, la Casa di Riposo e quanti, singoli o gruppi familiari, andavano da Lui per essere in qualche modo aiutati, anche perché in quel tempo (1799) si attraversava un periodo di miseria e di fame, conseguente alle ripercussioni che produssero, anche qui a Gallipoli, le insurrezioni giacobine.
Bartolomeo Ravenna con le sue attività e con il suo lavoro seppe far crescere la proprietà avuta in eredità dal padre che unita a quella della moglie e ancora all’altra avuta da costei in eredità dalla zia Lucia, costituivano un patrimonio immobiliare notevolissimo, distribuito fra Gallipoli, Lecce ed altri Comuni e costituito da diverse masserie, palazzi, magazzini, botteghe, estesi appezzamenti di terreni, crediti, ori, argenti e denaro contante. Tutti beni questi che passarono, per testamento olografo, al suo “caro ed amato fratello” Don Nicola, in quanto Egli non ebbe alcun figlio.
Nello stesso testamento dispose anche di un legato a favore del Capitolo di ducati 12.000, la istituzione di un “annuo sorteggio” e per otto anni di seguito, di un orfana povera col maritaggio di ducati 20 e la somma di ducati 2.000 (mille per anno) da dispensare ai poveri, dopo la sua morte.
Infine fece dono della Sua biblioteca, composta di circa 7.000 volumi al Comune di Gallipoli, volendo con ciò offrire ai suoi concittadini un valido strumento di educazione e di formazione.
Bartolomeo Ravenna cessò di vivere il 31 agosto dell’anno 1837 e fu sepolto nella Cappella di S. Maria del Soccorso nella Cattedrale di S. Agata, del cui Altare la Sua famiglia  godeva del padronato e dove ebbero, pure, sepoltura la madre morta il 25 aprile dell’anno 1811 e la moglie morta il 21 marzo 1850.

Luigi PARISI