Un amico tradito

Un freddo giorno di novembre stavo facendo una delle mie tante uscite in barca intento ad insidiare polpi e seppie; navigavo con il motore al minimo, preparavo la "purpara" con tre "Trauli sugarelli" legati alla lenza madre. I gabbiani alla vista dell'esca mi svolazzavano sulla testa, io affaccendato preparavo anche le due canne che uso per insidiare le seppie con esche  artificiali; mi preoccupavo che tutto funzionasse alla perfezione. Accelerai il motore per arrivare al punto di destinazione.
Tutti i gabbiani durante il percorso si allontanarono tranne uno che continuava a seguirmi a debita distanza. Dopo mezzora di moto arrivai sulla zona stabilita; calai la "purpara" e successivamente le canne per le seppie: ero gia in pesca.
Decisi di fare subito uno spuntino; sapete com'è il mare: quando sei preso dalla pesca dimentichi anche di mangiare. Volevo sbarazzarmi in fretta e furia di quel panino con formaggio capperi e  pomodoro, che mia moglie Fernanda, con tanta amorevole cura, aveva preparato.
Scartato il panino successe una cosa molto bella: il gabbiano si avvicinò a pochi metri dalla barca e mi guardava con fare incuriosito; cinguettando richiamò la mia attenzione e si avvicinò ad un metro da me; presi un bel tozzo di pane e glielo lanciai: l'afferrò al volo e lo ingoiò senza tanti complimenti.
Per una frazione di secondo pensai a mio padre scomparso il 13 luglio 1969, egli era stato un pescatore professionista, amava molto i gabbiani, aveva un rapporto empatico molto intenso, tanto che ne crebbe uno in casa. Un pensiero mi balenò nella mente: forse è un amico di mio padre? Poi mi chiesi: e se fosse lui?.
Finito il panino che, per altro, avevo diviso insieme al  gabbiano, vidi la canna piegarsi: un bellissimo esemplare di seppia era gia a paiuolo, subito dopo un bel polpo e ancora una seppia. Poi seguirono una serie di polpi; il gabbiano sembrava divertirsi.
Quando tiravo il polpo e subito dopo lanciavo la "purpara" distante dalla barca, lui la inseguiva con una velocissima alata a testa in giù, questo giuoco si susseguì per un buon lasso di tempo sino a quando lanciando la  "purpara"  colpì accidentalmente il gabbiano sulla testa.
Non credevo ai miei occhi, il povero gabbiano starnazzando come un'oca selvatica si allontanò molto incavolato  dalla barca,  imprecando chissà quali maledizioni contro di me.
Povero amico mio! quanto avrei voluto inseguirti e scusarmi con te, spiegarti che quel lancio di polpara non era destinato sulla tua testa, spiegarti quanto ero felice quando ti avvicinavi alla mia barca, quanta gioia mi portavi nel cuore.
Spero solo che alla prossima uscita di pesca ci rincontreremo, per poter rinsaldare la nostra amicizia, per rivivere momenti sereni e felici insieme, in sintonia con il vento, il sole, lo sciacquio delle onde e l'ambiente marino che ci circonda.  

Antonio VINCENTI