8 Marzo: storia di una foto

Nel 1911 Franky aveva appena 4 anni su quel piroscafo che da New York lo portava in Italia.
Con una mano stringeva al petto la foto dei suoi genitori e con l’altra chiudeva la manina della sorellina Isa, di 2 anni.
Prima di partire non aveva voluto nessun giocattolo; solo quella foto. Era l’unico ricordo della sua mamma. L’avrebbe gelosamente custodita per tutta la vita.
Il papà Ciccio era costretto a rimanere a New York, dove lavorava. I piccoli erano stati affidati allo zio Nicola, fratello minore della loro mamma, per essere accompagnati in Italia.
Giunti in Italia, dopo un mese di navigazione, la sorellina Isa andò a vivere a Polignano a Mare, accolta dagli zii paterni.
Franky si aggrappò allo zio Nicola e non volle più staccarsi dal lui; questi fu padre e madre insieme.
Aveva già perduto l’affetto della sua mamma. Gli era rimasta soltanto quella foto che aveva voluto portare con sé; non voleva dimenticare il suo dolce viso, le  calde carezze ricevute dalle sue mani soffici e vellutate; la sua mamma ci teneva moltissimo alla cura delle mani e delle unghie. Quelle unghie che permisero il drammatico riconoscimento del cadavere carbonizzato.  
Anna Pasqualicchio aveva trovato la morte nell’incendio scoppiato, in una fabbrica di confezione di camicette, la Triangle Shirtwaist Company, il pomeriggio del 25 marzo 1911, negli ultimi tre piani dell’Asch Building, un edificio di dieci piani a Manhattan. In quel tragico rogo persero la vita 146 persone, di cui la stragrande maggioranza donne, quasi tutte giovani operaie di nazionalità italiana, chiuse dentro, dall’esterno, per volere dei “padroni”, Isaac Harris e Max Blanck, perché minacciavano di scioperare.
Ancora oggi una targa ricorda quel drammatico evento.
Per sette vittime non fu possibile l’identificazione.
Anna Pasqualicchio, avvolta dalle fiamme, si lanciò nel vuoto.
New York rimase sconvolta da quella tragedia. 120 mila lavoratori parteciparono al funerale fino al cimitero di Evergreen, dove le giovani donne furono sepolte; oltre 400 mila persone assistettero al corteo.
L’anno prima, la leader socialdemocratica tedesca Clara Zetkin aveva proposto all’Internazionale Socialista di dedicare alla donna una giornata internazionale. Gli incendi, come quello di Boston di fine 800, non erano per nulla rari negli USA e quasi tutti con uguali tragiche modalità: vittime giovani lavoratrici. Ma fu proprio quello del 25 marzo 1911 che fece maggiore impressione e diede l’imput alla Giornata Internazionale della Donna.
Tante le ipotesi sull’origine della data dell’8 marzo.
Nel 1977 l’ONU ha proclamato l’8 marzo giornata internazionale per i diritti della donna.
Da grande Franky fece il capo stazione, come lo zio Nicola. Appena assunto fu inviato a Gallipoli; qui conobbe e sposò la gallipolina Giuseppina. Papà Ciccio  continuò a fare il sarto a New York fino al raggiungimento della pensione, quando appunto ritornò in Italia. Non si risposò. Le cognate, emigrate da Casamassima (BA) all’inizio del 900, con le loro famiglie,  rimasero in America.
Nel 1990 Franky, prima di morire, affidò a noi figli la foto della sua mamma.

Antonio ARDITO