Le Ere di Orione

Risalgono a 40000 anni fa, secondo l’archeologo americano Nicholas Conard -che pur ammette un margine di errore di più o meno alcune migliaia di anni- i reperti rinvenuti nelle grotte ad est di Tübingen, nei pressi di Stoccarda, capitale della Svevia. (Archaeology –5 settembre 2007, in Hera, Milano Novembre 2007).
Si tratta di statuine e strumenti musicali sapientemente scolpiti e appartenenti ad un’arte figurativa così matura da stentare a credere nella datazione attribuita loro.
La Svevia, regione della Germania sud-occidentale, restituendo tali primi esempi di oggetti d’arte dalla fattura sofisticata, si pone, secondo Conard, a fondamento di un’espressione artistica avanzata, frutto di un pensiero simbolico elaborato in seno ad una società del Paleolitico già culturalmente progredita e complessa.
I manufatti rinvenuti in Svevia si aggiungono, però, a quelli già scoperti qualche anno fa nella stessa Germania ed in Austria, che hanno fatto rimettere in discussione molto di quanto acquisito finora sulle conoscenze dell’uomo del Paleolitico. Tali reperti sono ritenuti i più antichi esemplari riproducenti in modo realistico una figura maschile ispirata ad Orione, la costellazione dalle caratteristiche antropomorfe.
Sono: un bassorilievo su una tavoletta di avorio di zanna di mammuth, rinvenuta in una stratificazione sedimentaria della caverna tedesca di Geiβenklösterle e risalente ad un tempo che va dai 33700+-825 ai 31070 +-750 anni fa; una statuina rinvenuta nell’insediamento a Galgenberg, in Austria, datata 31790 +-750 anni fa e un’altra statuina con testa leonina, rinvenuta nella caverna di Hohlestein-Stadel, in Germania, datata dai 31750 +-1150/650 o dai 32000 +-550 anni fa. Questa ultima, dal corpo umano e dalla testa di leone, rimanda simbolicamente ad un’associazione astronomica Orion-Leo-Sole, che si verifica ciclicamente ogni 26000 anni circa. Per potere ricostruire lo scenario astronomico ci riferiamo alla data 10880 a.C. riportata da Adrian Gilbert in Segni celesti, (Casa Ed. Corbaccio s.r.l. Milano 2003).
In quella data la supergigante blu Saiph o χ (kappa) Ori, ossia la mano di Orione, sembrò guidare la levata del Sole in fase di equinozio primaverile verso la costellazione del Leone, facendo abbandonare all’astro la costellazione della Vergine, dove aveva sostato per oltre due millenni.
Tale transito, da un settore astrale all’altro, si verifica in apparenza per un moto retrogrado del Sole, in sostanza, per un impercettibile rallentamento nel moto di rivoluzione della Terra, così che alla levata ed al tramonto si crea un allineamento dell’astro con una delle costellazioni dette zodiacali, attraverso la quale sembra scorrere per due millenni. Tale moto apparente è inverso rispetto a quello rapido annuale scandito mensilmente dall’apparente passaggio del Sole attraverso le stesse costellazioni zodiacali, poiché si tratta di un moto retrogrado, dovuto all’azione frenante molto lenta impressa alla Terra dal suo asse inclinato.
Per tale retrocessione rispetto alle costellazioni all’orizzonte, un ritorno dell’associazione del Sole con una stessa costellazione-segnatempo avviene solo dopo l’avvenuto transito solare attraverso le aree astrali di tutte le altre costellazioni zodiacali, al compimento di un tempo di circa 26000 anni solari, ossia di un ciclo detto di precessione degli equinozi. Questo Grande Anno astronomico fu reso ufficiale solo nel II secolo a.C. da Ipparco da Nicea, che però lo dedusse dai calcoli di registrazioni astronomiche precedenti, basate su millenarie osservazioni del cielo da parte di sacerdoti-astronomi di molte culture.
A causa dell’azione gravitazionale luni-solare e planetaria, l’asse terrestre fa ondeggiare la Terra, imprimendole un moto di rotazione definito ad effetto trottola, che determina l’alternanza delle stagioni e delinea un orizzonte ad onda. Il succedersi all’orizzonte dell’emisfero boreale celeste di alcune stelle “divinizzate” e il tramonto di altre nell’emisfero celeste australe, ancora inesplorato, rimandava all’idea di un mitico “annegamento del dio o della dea in un misterioso mare in tempesta.” Così il monitoraggio continuo di costellazioni–guida, come Orione, Osiride per gli egizi, o la costellazione Nave Argo per i greci, hanno permesso nel tempo di calcolare i momenti dei passaggi epocali del ciclo del Grande Anno precessionale.
La ciclicità con la quale si sono alternate la Grande Madre e Orione nel ruolo di segnatempo precessionale e di divinità nelle millenarie religioni astrali corrisponde ad un emiciclo del Grande Anno, ossia ad un tempo di 13000 anni solari. La totale visibilità al fianco della Via Lattea di una macro-costellazione, considerata segnatempo precessionale e miticamente riferita alla Grande Madre astrale, si ebbe nella fase finale del Pleistocene.
I corrispondenti 13000 anni solari compresero i periodi Gravettiano a Maddaleniano del Paleolitico Superiore e si conclusero nel 10880 a.C., con l’abbandono del Sole dall’area della costellazione della Vergine, nel momento in cui si decretò anche il passaggio all’Olocene. (Anxa n. 7/8 pg.21- n.9/10 pg. 17). Nel calcolo a ritroso quei 13000 anni si svolsero con il passaggio del Sole, nel suo moto apparente retrogrado-precessionale, attraverso i settori astrali occupati dalle costellazioni a noi oggi note come Acquario, Capricorno, Sagittario, Scorpione, Bilancia e Vergine. 
Il culto riferito alla mitica Grande Madre, ritenuta in quel tempo protettrice dell’umanità, fu praticato perciò dal 24000 a.C. circa e al 10800 a.C. e fu diffuso attraverso le statuine note come Veneri paleolitiche (Anxa n.9/10, Le Veneri di Parabita, pag. 17).
Dalla data 10800 a.C. fu la mano di Orione subentrante, che accompagnò la levata del Sole primaverile, nel suo apparente corso, attraverso i settori degli spazi siderali occupati dalle costellazioni Leone, Cancro, Gemelli, Toro, Ariete ed infine Pesci, che da duemila anni ad oggi indica l’annuale equinozio di primavera.
Il culto del solare Orione, per l’associazione Sole-Orione in Leone, dette origine a figure mitiche maschili, divine o eroiche, come l’Uomo Cosmico e l’Arciere ripetutamente dipinti tra i pittogrammi del santuario epi-paleolitico e neolitico, a lui dedicato nel Salento, e noto come Grotta dei Cervi di Porto Badisco. (M. Grande, Rubrica Simboli di Hera, 2000-2002 Roma; Congressi S.I.A- Osservatorio Brera Milano; Congressi “Non solo Terra” – Cagliari.).
In Egitto fu il solare Horus-Orione, che “emerse” nel pantheon astrale nell’era del Toro (4000-2000 a.C. circa) dopo il mitico “annegamento” del padre Osiride-Orione, provocato dal malefico fratello Seth-Scorpione, antagonista della costellazione Taurus, con cui si trova sempre in opposizione astrale nella duale mitica lotta tra il bene e il male.
Nella mitologia mesopotamica ad Orione subentrarono le figure del dio Mitra e dell’eroe Marduk, mentre in quella greca il dio solare Apollo e il semidio Ercole.
Facendo un calcolo a ritroso si deduce, dalla ciclica alternanza delle costellazioni nel ruolo di segnatempo precessionale, che Orione, però, aveva anche preceduto la Grande Madre durante il periodo di 13000 anni compreso tra i 37000 e i 24000 a.C. Lo scenario astrale dell’epoca fu simile a quello del 10880 a.C., ossia anche allora la mano di Orione sembrò condurre il Sole, alla sua levata nell’equinozio di primavera, dalla costellazione della Vergine a quella del Leone. La sequenza retrograda apparente del Sole attraverso le costellazioni all’orizzonte avvenne, così come nell’Olocene, procedendo in senso inverso da Leone a Cancro, a Gemelli, a Toro, ad Ariete, fino a Pesci.
In tale ottica, di carattere paleo-astronomico e religioso, la datazione attribuita ai manufatti paleolitici rinvenuti in Germania ed in Austria, rappresentanti Orione-Antropomorfo può trovare un’ulteriore, plausibile plausibile, giustificazione. L’importanza di Orione nell’Olocene, secondo le recenti ipotesi archeoastronomiche, fu sottolineata dall’orientamento della Sfinge (un originario Leone) verso la costellazione Leo, al fianco del Sole nella levata in equinozio primaverile dell’anno 10450 a.C.  Tale data, per gli archeoastronomi Robert Bouval ed Adrian Gilbert. (Il mistero di Orione, C. Ed. Corbaccio s.r.l. Milano 1997), autori della tesi della retrotadazione della Sfinge, sostenuta da ipotesi basate su osservazioni geologiche di Schawaller de Lubicz e Jon West (J. West, Serpent in the Sky,1993), corrisponderebbe all’anno zero del Primo Tempo egizio, il Sep-Tepi o Tempo di Osiride. Gli stessi autori R. Bouval e A. Gilbert hanno rilevato che la posizione delle tre piramidi della piana di Giza riproducono in terra la posizione delle tre stelle della Cintura di Orione, con riferimento al medesimo anno 10450 a. C.
Tale datazione, che però mal si concilia con quella generalmente attribuita alle piramidi egizie in questione, si potrebbe giustificare con l’elevazione delle piramidi nel III millennio a.C. sui medesimi luoghi, e in sostituzione, di più antichi marcatori territoriali riferiti all’epoca passata, a ricordo della mappa celeste che aveva dato origine al Primo Tempo egizio.
Similmente, costruttori di megaliti, che praticavano l’astronomia empirica e operarono su ampia scala territoriale, elevarono sulle Serre Salentine cumuli di pietre informi, denominate oggi Specchie di Mira, per stabilire un rapporto di corrispondenza cielo-terra e monitorare lo scorrere del lento, millenario, disallineamento dovuto alla precessione equinoziale.
Tre di queste specchie, similmente alle piramidi egizie, risultano posizionate in diretto rapporto di omotetia con Almitak, Alnilam e Mintaka, le tre stelle che, insieme, per vicinanza relativa apparente, compongono nel cielo la brillante Cintura dell’Antropomorfo Orione, visibile ancora oggi nel cielo, anche ad occhio nudo. (M. Grande, Salento in vetrina, giugno 2001).

Marisa GRANDE