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NATALE, VOGLIA DI COMPRARE

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Arriva il Natale e, con esso, la corsa, sovente sfrenata, ad acquisti di ogni genere:  dai classici regali sino alla vacanza natalizia, dagli addobbi ed accessori (per i quali sono sempre più in voga bancarelle e mercatini vari) ai prodotti gastronomici per deliziare le festività.
Quanto ai regali, da qualche anno a questa parte, anche a causa della necessità di contenere le spese non essenziali, molti di noi optano per il classico “pensierino”, ossia decidono di donare a parenti ed amici qualcosa di piacevole ma che non sia troppo costoso. Ciò appare più che giustificabile, data la valenza simbolica che dovrebbe avere il regalo di Natale, sempreché la corsa al risparmio non induca il consumatore ad incauti acquisti.
Ogniqualvolta si acquisti qualche prodotto a costi particolarmente vantaggiosi o di incerta provenienza (in particolar modo per quanto concerne i beni tecnologici), occorre sempre verificare la presenza del marchio CE (che deve necessariamente essere presente su tutti i prodotti commercializzati nell’Unione Europea), simbolo che garantisce la sussistenza dei requisiti di sicurezza ed igiene, nonché il rispetto delle leggi europee sul diritto d’autore.
Questo può, però, non essere sufficiente. E’ necessario, difatti, verificare con cura, specie nell’acquisto di giocattoli ed apparecchi elettrici od elettronici, la veridicità del marchio stesso, il quale potrebbe essere contraffatto.
Grande attenzione deve essere, ovviamente, prestata ai beni alimentari, per i quali occorrerebbe una specifica e dettagliata trattazione. Limitandoci ad alcuni prodotti tipici e (guarda caso) al panettone ed al pandoro, occorre segnalare che tale denominazione è consentita solo per quei dolci natalizi che rispettano precise regole di produzione.
Esiste, a tal uopo, una specifica normativa (il Decreto Ministeriale 22 luglio 2005), nella quale vengono stabiliti definizione, forma, composizione e processi produttivi di queste specialità, il cui mancato rispetto non ne consente la denominazione.  E’, dunque, necessario prestare sempre la dovuta attenzione all’etichetta, per essere certi di acquistare un vero panettone o pandoro.
Con specifico riferimento, inoltre, alle vendite a basso prezzo di panettoni e pandori, vale la pena di rammentare che il D.P.R. n. 218 del 6 aprile 2001, che disciplina le c.d. “vendite sottocosto”, consente (art. 2) la commercializzazione a prezzi ribassati dei prodotti tipici delle festività tradizionali solo “qualora sia trascorsa la ricorrenza o la data della loro celebrazione”.
Vale la pena di segnalare, tra i generi alimentari “natalizi” a rischio di contraffazione, lo spumante, il torrone, il salmone affumicato, il cotechino, lo zampone.
Con riferimento alla festose bancarelle natalizie, invece, meritano un cenno le c.d. “serie luminose”, utilizzate per adornare alberi e balconi, le quali devono riportare il marchio di sicurezza ed essere conformi alle norme del Comitato Elettrotecnico Italiano.  La carenza di questi requisiti può risultare estremamente pericolosa (pericolo di danni elettrici, scosse, incendi). Appare quasi superfluo, inoltre, ribadire la pericolosità dei fuochi d’artificio, la cui provenienza e requisiti autorizzativi, devono essere attentamente verificati.
Quali diritti abbiamo, invece, nel caso in cui volessimo farci sostituire un regalo natalizio ?
Appare interessante, a tal proposito, sottolineare che il negoziante non è sempre tenuto alla sostituzione della merce acquistata: tale obbligo sussiste inequivocabilmente quando l’oggetto comprato presenti dei difetti (anche se di conformità).  
Pertanto, l’acquirente non  può contare, qualora il regalo non fosse gradito al destinatario, sulla automatica sostituzione. E’, invece, necessario che il cliente concordi espressamente, all’atto dell’acquisto, l’eventuale sostituzione della merce (e le modalità della stessa).
In poche parole, dunque, il venditore non è tenuto a cambiare l’oggetto, salvo un esplicito impegno in tal senso.
Quando il regalo di Natale è difettoso, al contrario, le cose cambiano radicalmente. Occorre anzitutto chiarire che i “famosi” cartelli presenti in molti negozi, ove si segnala il cambio della merce difettosa entro 7 od 8 giorni, non hanno alcun valore giuridico (un termine così breve e rigoroso, peraltro, sarebbe una barriera insuperabile riguardo alla maggior parte dei regali natalizi, con l’eccezione degli acquisti dell’ultima ora).
Secondo il D.Lgs n. 24 del 2 febbraio 2002, difatti, il diritto di sostituire il bene difettoso può essere esercitato dall’acquirente entro 2 mesi dalla data in cui viene scoperto il “difetto di conformità” (e, dunque, non dalla data di acquisto).  
La norma in questione, pertanto, non riconosce tale opportunità solo nel caso in cui il prodotto sia oggettivamente difettoso, bensì anche quando il bene sia semplicemente “non conforme” (concetto di carattere soggettivo, la cui portata risulta ben più estesa). L’oggetto acquistato, pertanto, potrebbe risultare privo di difetti, ma non essere comunque conforme (ad esempio, in caso di non conformità alla descrizione fatta dal venditore o di inidoneità all’uso che l’acquirente, al momento dell’acquisto, ha esplicitato al venditore).
Al fine di poter esercitare il proprio sacrosanto diritto alla sostituzione della merce non conforme, l’acquirente deve esibire lo scontrino (conservarlo è fondamentale, anche con riferimento ai prodotti coperti da c.d. “garanzia del produttore”) ed, entro 2 mesi dalla scoperta, deve denunciare il vizio al negoziante (è bene farlo per iscritto, allorquando il venditore si dimostri contrariato).
Secondo la normativa sopra citata, inoltre, il consumatore può scegliere liberamente tra la sostituzione e la riparazione e, solo nel caso in cui tali opzioni non siano percorribili (ad esempio perché il modello scelto è terminato), ovvero siano eccessivamente onerose, od ancora non siano eseguite entro un congruo termine, l’acquirente può scegliere se chiedere una riduzione del prezzo o la restituzione del denaro. E’ importante sottolineare, a tal uopo, che l’acquirente non è assolutamente obbligato ad accettare l’usuale “buono d’acquisto”, avendo diritto a riavere il prezzo.
Le considerazioni sino ad ora svolte, assumono maggiore caratura con riferimento alle operazioni di compravendita svolte con l’ausilio di strumenti informatici.
Gli acquisti attraverso internet (e-commerce), difatti, aumentano vorticosamente di anno in anno ed, in particolare, proprio durante il periodo natalizio. Del resto, cosa c’è di più comodo che comprare i regali di Natale seduti alla propria scrivania, facendoseli recapitare direttamente a casa ? Alla indubitabile comodità ed ai vantaggi in termini economici, di tempo e di opportunità, però, si accompagnano una serie di rischi connessi alla natura di questo genere di compravendita.
Occorre anzitutto prestare attenzioni alle frodi, considerato che il crescente numero di acquirenti on-line attira inevitabilmente l’interesse di hackers e ladri informatici.  Tra le maggiori insidie, sta avendo forte diffusione il fenomeno del c.d. pishing, ovvero l’invio di e-mail contenenti false informazioni mirate a frodare l’acquirente (simulando sistemi di pagamento esistenti o procedure finalizzate ad ottenere dati bancari degli utenti).
Per limitare i rischi, pertanto, si dovrebbe acquistare solo su portali sicuri, evitando di fornire i propri dati personali se la richiesta appaia ingiustificata o sospetta.  Inoltre, oggi esistono sistemi che permettono di mascherare il proprio numero di carta di credito e le carte prepagate (un errore, dunque, determinerebbe il rischio di perdere importi limitati).
Acquistare on-line, infine, accresce il pericolo di vedersi recapitare un prodotto danneggiato o diverso da quello scelto. E’ necessario, di conseguenza, fare molta attenzione alle schede informative di ogni prodotto, prima di procedere all’acquisto.
Anche in questi casi la buona reputazione del sito web assume rilievo, considerato che resta comunque salva per il consumatore la possibilità di ricorrere alle tutele previste dalla normativa sopra esposta, supportata, nel caso di specie, da una specifica disciplina approntata per gli acquisti a distanza.
Il D.Lgs n. 185 del 1999 (concernente i contratti a distanza), sancisce, anzitutto, il diritto del consumatore a ricevere una serie di dettagliate informazioni in vista della conclusione e dell’esecuzione del contratto. In particolare, l’art. 6 n. 2 stabilisce che salvo il preventivo consenso del consumatore, “il fornitore non può adempiere eseguendo una fornitura diversa da quella pattuita, anche se di valore e qualità equivalenti o superiori”, mentre l’art. 4 prevede che il consumatore debba ricevere per iscritto una serie di informazioni, prima od al momento della esecuzione del contratto. Tra le informazioni (art. 3) che il consumatore (“in modo chiaro e comprensibile”) deve ricevere obbligatoriamente, sono specificamente previste quelle  sulle “caratteristiche essenziali del bene” e sul prezzo, nonché tutti i ragguagli relativi all’esercizio del diritto di recesso, nonché “sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali esistenti”.
Con riferimento al diritto di recesso, appare sufficiente segnalare che il consumatore ha diritto di recedere da qualunque contratto a distanza “senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo”, entro dieci giorni lavorativi a partire dal giorno del ricevimento dei beni, sempreché il venditore abbia fornito tutte le informazioni di cui all’art. 4 (in caso contrario, dal giorno in cui tali adempimenti sono stati eseguiti od entro tre mesi dal ricevimento della merce).
Il diritto di recesso (art. 5 ) si esercita inviando, entro il termine previsto, una “comunicazione scritta all’indirizzo geografico della sede del fornitore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento” (oppure con telegramma o fax, a condizione che siano confermati con raccomandata entro le 48 ore successive). Se il bene è già stato consegnato, il consumatore “è tenuto a restituirlo o a metterlo a disposizione del fornitore”, secondo modalità e tempi  previsti dal contratto (non meno di 10 giorni dal ricevimento della merce).  Il consumatore (sempre se ciò sia previsto dal contratto) è tenuto alle sole spese per la restituzione del prodotto, mentre il fornitore dovrà rimborsare le somme versate dall’acquirente, senza alcun costo aggiuntivo, entro 30 giorni dalla conoscenza del recesso da parte del consumatore.
Tutti i diritti in capo all’acquirente “a distanza”, infine, sono irrinunciabili (art. 11), risultando, quindi, inammissibile ogni clausola contrattuale tesa ad escluderli od a limitarli.
Contando di fornito qualche indicazione utile, auguro Buone Feste a tutti i lettori.

Giuseppe VINCI