Valore perduto non coltivato: il rispetto

Il vociare degli alunni giungeva sostenuto nel corridoio ad ogni cambio d’ora o all’inizio delle lezioni. Spesso al brusio  si univano  il tonfo di una sedia caduta o lo squillo di un cellulare, un grido, un’imprecazione, una risata, poi una testa sporgeva dalla porta e l’allarme poneva fine all’agitazione:” Arriva,aaa!” e tutto all’improvviso taceva. Al mio entrare in aula, qualunque fosse la classe, i ragazzi erano al loro posto, in piedi, sudati forse, accaldati, ma al proprio banco e la giornata scolastica prendeva il via.

Tutto questo accadeva solo un anno fa, dato che è trascorso un solo anno da quando non faccio più parte del mondo della scuola, ed accadeva in un momento storico in cui la scuola era  già nell’occhio del ciclone per gli episodi di vilipendio  dell’ istituzione e dei suoi componenti. Che tristezza! Che abisso tra quel primo Ottobre di un tempo e gli odierni primi giorni di scuola! Grembiuli stirati, entrata ordinata, saluto al Capo di Istituto, odore di aule, di legno, di gesso, di libri, un tempo, e tanto rispetto acquisito per educazione familiare, per formazione culturale, per influenza del contesto esterno! Mi manca tutto questo, devo dire, anche se io ho ben poco di cui lamentarmi. Non nego di essermi spesso stupita dinanzi all’ atteggiamento, apparentemente controcorrente, dei miei alunni; poi ho capito che, dietro il loro rispetto  per me, c’era il mio verso di loro; c’erano le non sempre facili, ma risolte, relazioni stabilite fra noi; c’era una naturale soggezione per la mia persona; c’era un progettare insieme per realizzare un obiettivo comune e condiviso; c’era l’esserci sempre quando essi mi cercavano; c’era il rigore nei giudizi e nell’operato, ma anche la gratificazione non appena se ne offriva l’occasione;  c’era anche tanto affetto, la cui riprova è giunta negli anni, quando ormai i miei ragazzi sono divenuti adulti.
Queste riflessioni, che possono apparire  nostalgiche ed autocelebrative, in realtà hanno una forte funzione consolatoria e benaugurante poiché ci dicono che il rispetto in realtà non è scomparso; esso riaffiora in tante altre situazioni simili alla mia, ma non ha più la portata del valore universale al quale la società educava un tempo i suoi figli anzi, direi di più: è come se, tra le lagnanze e le denunce generali, ci fosse una sinergia di volontà  dedite alla promozione della mancanza di rispetto. La nostra società si lamenta di un male del quale essa stessa è la genitrice; un male che essa stessa alimenta, quotidianamente,  attraverso la costante rinuncia alla dignità esercitata a qualunque livello ed in qualunque contesto. I cattivi esempi, la superficialità, il relativismo, l’incoerenza, la scarsa propensione a fermarsi a pensare che rispetto e amore vanno di pari passo, sono compagni di viaggio dei ragazzi del nostro tempo per responsabilità di noi adulti. Come  può rispettare l’ambiente ed i propri simili un’umanità abituata ad ottenere ciò che vuole ad ogni costo? Come può rispettare e far crescere bene i piccoli, i cuccioli, la natura un’umanità disabituata a coltivare l’obbedienza, la tenerezza, la pazienza, il sacrificio, la comprensione? Come possiamo pretendere il rispetto della nostra persona se esponiamo e utilizziamo come merce quanto di più prezioso possediamo e cioè noi stessi?
Viviamo tempi terribili ai quali è venuta meno quell’educazione che forse ha frustrato alcune generazioni, ma che comunque garantiva un’impalcatura sociale, senz’altro carente per certi aspetti, ma sicuramente più solida. Comunque non disperiamo, non tutto è perduto. La storia ci insegna che ogni momento buio della vita dell’umanità ha avuto in sé i germi della ripresa e che ci sarà sempre qualcuno che avrà come scopo il raggiungimento del bene dell’altro; un qualcuno pronto ad intraprendere percorsi tendenti a recuperare quanto il”progresso”, talvolta incapace di dare il giusto valore alle cose,  va lasciando dietro di sé, preso dalla sfrenata corsa verso l’utile sì, ma anche verso il distruttivo e l’illusorio.

Alba VULCANO