Lampedusa... nel blu dipinto di blu

Dopo aver percorso uno dei più pericolosi tratti di strada del sud della Puglia: Gallipoli-Taranto, ci immettiamo sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria, che ci porterà a Villa San Giovanni, da dove con il traghetto raggiungeremo Messina. Mi sono compagni d'avventura Giovanni, Franco e Cicci, il nostro "Troll" vivente, sempre presente nei nostri viaggi. Raggiungiamo Messina che è tardo pomeriggio; abbiamo percorso più di cinquecento chilometri senza mai fermarci, per cui ci meritiamo un buon piatto caldo e una breve sosta prima di proseguire per Porto Empedocle, dove arriviamo verso sera. Dobbiamo attendere le ore 24 per imbarcarci sul traghetto della Siremar. Una volta a bordo prendiamo possesso delle nostre cabine. La notte stellata ed il mare calmo ci rendono la navigazione tanto piacevole che andiamo a dormire molto tardi.Arriviamo a Lampedusa il mattino seguente verso le ore 8,15 dopo aver fatto scalo a Linosa, la più piccola delle isole Pelagie. Le operazioni di sbarco sono lunghe; ci vorrà almeno un'ora prima di lasciare il porticciolo e raggiungere la nostra abitazione: un trilocale  a piano terra in un complesso turistico nuovissimo ad un passo da una spiaggia ben protetta dalle onde, fornito di biancheria, attrezzi da cucina, forno e televisore. Il primo giorno lo dedichiamo alla visita dell'isola; una briciola d'Africa con bandiera italiana, circondata da miglia infinite di mare aperto e pescosissimo. Non abbiamo bisogno di noleggiare un'auto; ci muoviamo con la nostra Bmw, anche se non proprio adatta all'esplorazione. Tutto il corpo dell'isola, che ha la forma di un'anatra in volo, è un incanto. Ci spostiamo da nord a sud; in tutte le direzioni. L'escursione più bella, che ci colpisce maggiormente, è quella nei valloni. Se ne aprono parecchi verso ovest, tra la spiaggia dei conigli e la punta di ponente. Hanno, in miniatura, il fascino delle gole dell'isola di Creta in Grecia, con una vegetazione fresca, selvatica e piena di fragranza nutrita dall'umidità che il calore e l'insolazione non riescono a disperdere. Una fermata obbligatoria è ad Albero del Sole, un punto dell'isola a strapiombo, dove proviamo il brivido di vedere il mare ad oltre 150 metri sotto di noi, da una parete che sembra fatta col filo a piombo. Il mare sotto è così limpido e calmo che bisogna aspettare che si posi un gabbiano per identificare la superficie. Ammiriamo, estasiati, i fondali luminosissimi, limpidi ed esuberanti di colori; ad uno ad uno gli scogli sommersi, i cespugli di poseidonie e persino i pesci. Penso alla mano di Dio che,disperdendo nel centro del Mediterraneo una manciata di briciole di calcare, ha voluto dare origine alla meravigliosa isola di Lampedusa. A "due passi" dal continente africano e da Malta, Lampedusa "è" il suo mare, non solo perché i suoi 5.000 abitanti vivono di pesca e del relativo indotto; non solo perché alla brulla terra ferma tutti voltano le spalle; ma soprattutto perché la sua incredibile bellezza è fatta di azzurro e di sole, di nuoto sopra e sotto la superficie, di circumnavigazioni alla scoperta delle calette a fior d'acqua. Prima di rientrare per il pranzo, costeggiamo verso ovest la zona più turistica: cala Calandra, cala Creta, cala Pisana e cala Francese, dove un dammuso, tipica costruzione delle isole Pelagie con il tetto a cupola, ombreggiato da due grandi palme, costituisce uno dei soggetti più fotografati dell'isola. Da Tommasino mangiamo magnificamente tranci di ricciola e di cernia, tutto pescato da poche ore e preparato secondo la fantasia del cuoco locale. La saporitissima cucina lampedusana, che è una delle attrattive indiscusse del posto, non meno delle bellezze naturali, è tutta a base di pesce con una incalcolabile varietà di ricette dettate dalla tradizione italiana  e da quella araba. Le giornate le trascorriamo sino a tardo pomeriggio al mare dove, con maschera, pinne, fucile e macchina fotografica, andiamo all'esplorazione dei purissimi fondali dalla fauna talmente copiosa che ti sembra di nuotare nel brulichio ittico di un acquario. La spiaggia dei Conigli, unico lembo di terra europea in cui le tartarughe vengono a deporre le uova nei mesi estivi, è il pezzo di isola che preferiamo frequentare di più. Raggiungerla, da terra, è molto faticoso. Bisogna marciare per circa 20 minuti lungo una scarpata che, nel tratto finale, diventa sempre più scoscesa e pericolosa. Una volta raggiunta, in compenso, ti trovi davanti una splendida spiaggia dalla sabbia calcarea, dorata e fine, poco affollata proprio perché difficile da raggiungere. Qui, Domenico Modugno, si è fatto costruire, a ridosso del costone, una casa isolata e discreta proprio di fronte a quel mare cristallino. Inserita perfettamente nella natura è del tutto ecologica: non ha elettricità, radio, televisore. La luce è a gas e per acqua calda i pannelli solari. Su quest'isola, dove il mare è una pelliccia di cincillà liquida: te lo senti sulla pelle come una meravigliosa carezza, il Mimmo nazionale ha composto una delle sue più belle canzoni: "Delfini", il cui video lo mostra mentre, insieme al figlio, nuota al largo tra i delfini, proprio nelle acque di fronte alla sua abitazione. Lampedusa, la più bella delle isole del  Mediterraneo, è luogo  ideale per le battute di pesca sia sopra che sotto la superficie del mare. A tutto questo, noi, non rinunciamo. Con Pietro, pescatore e proprietario della barca, dopo esserci messi d'accordo il giorno prima, di buon mattino, armati di canne da pesca e di lenze, ci portiamo in una zona di mare non molto profonda, vicina alla costa ed alla riserva marina, convinti che il risultato sarà molto soddisfacente. Infatti, subito incominciamo a tirare sù pesci di ogni genere: serranidi, scorfani rossi, saraghi, labridi, vope di grosse dimensioni e le castagnole che facilmente allamiamo tant'è la voracità con cui attaccano l'esca. Dopo ore ed ore di pesca, stanchi e soddisfatti del risultato ottenuto, rientriamo che è già pomeriggio inoltrato. Quella sera mangiammo pesce a volontà, preparato nelle varie ricette dal nostro simpatico cuoco. Andarono bene anche i gatti del vicinato che, attirati dall'odore, invasero numerosi la veranda. Dopo cena la vita sull'isola è concentrata nella cittadina portuale, anch'essa di nome Lampedusa. Non offre molto. L'urbanistica è confusa, l'architettura elementare  e ripetitiva. Via Roma, luogo di concentrazione dei turisti, è il cuore pulsante dell'isola con negozi, bar,banche, farmacia e giornalaio. Non mancano i monumenti moderni che sono rappresentati da due importanti sculture: in piazza Libertà campeggia un bell'obelisco in bronzo di Arnaldo Pomodoro dedicato ai caduti di tutte le guerre, mentre nell'antistante piazza Frignone domina il marmo, con l'"omaggio al pescatore", di Andrea Cascella . Al bar dell'amicizia, quasi ogni sera, gustiamo le delicatezze della pasticceria siciliana: i famosi cannoli fatti con la ricotta di pecora,la classica cassata e la saporitissima granita di more selvatiche raccolte sull'isola. I più giovani possono "distrarsi" frequentando le discoteche Nabila club e Las Vegas, ma non sarà come andare a Rimini. Lampedusa è la più bella isola del mediterraneo perché sa di essere più isola, lontana com'è dalle altre terre emerse. Anche i suoi abitanti sono un popolo a sé, ospitale, generoso ed estremamente emotivo. Quando nel 1986 Gheddafi lanciò due missili scud contro la base Nato dell'isola, che esplosero in mare, i giornali dell'epoca sottolinearono che tutti i lampedusani si rifugiarono nelle grotte antiaeree e ci rimasero per mesi e mesi. Il coraggio da leoni, invece, lo dimostrano quando escono a pesca di notte con mari "incazzati" che farebbero paura ad una portaerei. A bordo di "Principessa", una barca a vela di 10 metri di proprietà di una giovane coppia veneziana che ha venduto il bar  di periferia per acquistarla, il giorno stabilito partiamo per raggiungere Linosa, la più piccola delle isole Pelagie. La giornata è bella; una di quelle nate apposta per farti divertire. Il cielo è di un azzurro chiaro che ti lascia incantato, mentre un venticello di ponente dà la giusta spinta alle vele facendo scivolare la barca dolcemente. Di tanto in tanto i delfini ci fanno compagnia: il tratto di mare che stiamo percorrendo,molto spesso, è frequentato da cetacei di ogni specie. Intanto, a poche decine di metri di distanza, qualcosa che si muove in superficie in maniera strana, attira la nostra attenzione; non riusciamo a capire di cosa si tratti. Giorgio, il proprietario della barca, senza pensarci due volte, si dà da fare per varare il piccolo gommone di salvataggio con il quale ci portiamo sul posto, mentre Mara, la sua compagna, ferma la barca mettendo la prua contro vento. Notiamo subito che si tratta di una tartaruga della specie caretta caretta in evidenti difficoltà, tant'è che nemmeno lo spavento per la nostra presenze riesce a farla immergere. Dopo vari tentativi e con non poca fatica riusciamo ad issarla prima sul gommone e poi a bordo dell'imbarcazione. Ha il carapace pieno di cozze patelle di ogni grandezza, mentre le pinne posteriori all'altezza dell'attaccatura al corpo, sono attanagliate da due grossi granchi che le impediscono i movimenti e che chi sà da quanto tempo la stavano martoriando. La liberiamo subito e con cura, per non procurarle danni, da questi piccoli   "mostriciattoli" e le tiriamo a lucido tutto il carapace; poi, dopo aver fatto le fotografie di rito, la adagiamo sull'acqua. Nuota intorno alla barca per un pò, come a volerci dimostrare graditudine per l'aiuto datole, dopodicchè si immerge scomparendo, in un batter d'occhio, in profondità. Sistemata a quasi 40 miglia di mare a nord della sorella maggiore, Linosa è considerevolmente  più calda. La penalizzano la ridotta ventilazione ed il colore oscuro del suolo che assorbe le radiazioni solari. Conta 400 abitanti o poco più, riuniti nel paesino capoluogo e dotati di gusto artistico: le loro case sono dipinte di verde, rosa, giallo, celeste pastello, ed hanno finestre e porte incorniciate da striscie di tinta più viva. Linosa è completamente diversa da Lampedusa, alla quale, come dicevo prima, è convenzionalmente associata nel miniarcipelago delle Pelagie. E' di origine vulcanica anziché calcarea, nera di lava anziché dorata di sabbia, basata sull'agricoltura anziché sulla pesca: sterminate sono le piantagioni di fichi d'india. In pratica è un vulcano con tre coni che viene dritto dalle viscere del Mediterraneo. Chi viene in visita come noi lo fa solo ed esclusivamente per amore del mare e dei suoi meravigliosi fondali di tutti i colori del blu. A Linosa pesce ce n'è di tutti i generi: la profondità ( mezzo chilometro d'abisso già a poche centinaia di metri da riva ) permette il passaggio anche di specie pelagiche rare da avvistare come tonni, squali, barracuda e razze giganti. Al ristorante del Signor Errera, che ci ha fatto da guida per l'intera giornata, gustiamo magnificamente tanto di quel pesce arrosto che, anche per questo, non dimenticheremo mai la giornata trascorsa su quest'isola incantata. Da Linosa ci spostiamo a Lampione, lo scoglio più bello che io abbia mai visto in tanti anni di mio viaggiare. Disabitata, dista da Lampedusa una manciata di miglia; ha la forma di un tronco di piramide, una superficie di 0,03 chilometri quadrati ed un'altezza di circa 40 metri. Detta anche Fanale per la sua lanterna posizionata in cima, fa parte anch'essa del gruppo delle Pelagie. La giornata molto calda e afosa la rende straordinariamente bella. Una breve immersione a pochi metri di profondità è "obbligatoria": peschiamo tanto di quel pesce da far felicissima Mara, cuoca di bordo, che ci prepara il tutto secondo una ricetta veneziana che gustiamo molto. Nel tardo pomeriggio, poi, prima di riprendere la navigazione per il rientro, con maschera e pinne andiamo alla ricerca di qualche "frutto di mare": peschiamo ricci, conchiglie e spugne che insieme a quelle tunisine sono considerate le migliori del mondo. Come sempre, però, quando le cose belle sono per volgere al termine, pur nella consapevolezza che il tornare a casa è sempre motivo di felicità, la malinconia prende un po' tutto il gruppo. Lampedusa, che ci ha stupiti con il suo "blu dipinto di blu", ci mancherà molto; ci mancheranno i suoi tramonti più suggestivi di quelli del Caravaggio, i fondali purissimi, il caldo afoso, il profumo ed il sapore dei prodotti della campagna, il pesce cucinato in mille modi e l'ospitalità degli isolani. Lampedusa, questo pregiatissimo patrimonio, va conservato per sempre. E' importante incentivare, sempre più, le proibizioni e le cautele, che per fortuna già ci sono, e seguire l'esempio delle piccole isole britanniche e di quelle della penisola scandinava che hanno legislazioni protezionistiche speciali. Se ce la faremo, avremo fatto un grande regalo alle prossime generazioni. Il mio rimpianto è uno solo: non avere la macchina del tempo, e non poterla vedere com'era cent'anni fa, quando era tutta una foresta dove gli alberi regnavano sovrani.      

Giuseppe PACCIOLLA