Valfredo De Matteis

Prima di cominciare a scrivere questo profilo dedicato a Valfredo De Matteis, abbiamo provato a chiedere in giro, a gente di ogni ceto ed età, se mai avessero sentito parlare del prof. Valfredo De Matteis. Unanime la risposta: "E c'è ca nu canuscia l'Affretu Te Mattesi"!
Chi era realmente Valfredo Gusmondo De Matteis? Anzi, chi è Valfredo De Matteis? Perché appare riduttivo parlare al passato di un poeta e di un commediografo!
Un poeta, aedo della sua terra, non muore mai. Vive nei suoi versi, e nelle "chiacchierate" dei personaggi delle sue commedie.
De Matteis nasce a Gallipoli il 5 maggio 1936 e per parecchi anni, vive a casa dei nonni paterni. Provando per loro una sorta di venerazione.
Per questo, grande rilevanza, nella sua formazione, ha la figura di nonno Valfredo Gusmondo. Bottaio di professione e per diletto poeta.  
Il Nostro infatti porta lo stesso nome, ed eredita, non possedendo, il nonno, nientr'altro che questo, il medesimo sacro fuoco della poesia.
Valfredo, muore il 16 ottobre 2006 stroncato  da un male incurabile, che egli riesce ad esorcizzare, lottando e resistendo fino in fondo, con dignità e ironia.
Dapprima insegnante elementare, diviene in seguito professore di lettere, insegnando italiano e latino nelle scuole superiori.
Ma qui vogliamo parlare del De Matteis poeta, del commediografo!
Nel policromo mondo della poesia dialettale gallipolina, egli, occupa sicuramente un posto di primo piano. Il poeta, non è un purista della lingua, ma i suoi versi rispecchiano fedelmente il dialetto che quotidianamente si parla.
Arguto osservatore di virtù e vizi della vita quotidiana, De Matteis sa cogliere, quasi con sberleffo, le vicende dei nostri giorni. In alcune poesie si evidenzia la sua goliardia, in special modo dove, facendo uso dell'umorismo, tratteggia in chiave giocosa e caricaturale le figure di: u Cobbu ( con 'U COBBU),  Mesciu Ninu. (MESCIU NINU),  A Ppina Napula (A PPINA NAPULA), U Pici Coltura  (A ZINGARA) lu Mbà Pè,  (U SCIOCATORE TE SCUPA), U Toniu Pizza (U CUNIJU)
Ma poi, come non citare: LA CUNGREGA TE LI MORTI -  SOTTA LA CHIAZZA TE LU PESCE
Quello però che più di ogni altra cosa balza agli occhi, specialmente di chi, lo conosceva da sempre, è la sua auto-ironia,. Nella poesia dedicata al nonno, egli scrive sua madre stette male nel vederlo appena nato:

"Purtava quiddu nome ca mauma me tese,
quandu cu me viscia, tantu fiacca stese"

Le sue poesie sono pregnanti di una forza espressiva  che colpiscono in modo sapiente l'animo di chi le legge.
"Castigat ridendo mores" è il suo motto. Tradotta letteralmente, significa: la satira corregge i costumi deridendoli. Questa iscrizione, posta sul frontone di molti teatri, è dovuta al poeta latinista francese Jean de Santeuil. La commedia e la satira, spargendo il ridicolo sui vizi e difetti umani, sono un apporto importante per il rinnovamento dei costumi.
De Matteis non è solo il canzonatore e l'umorista. Egli è poeta dall'animo nobile e ricco di sentimenti:

"Me santia felice senza tegnu nienti;
nu cuntene li sordi, ma li sentimenti"

L'affetto nei confronti del nonno lo esterna con la poesia:

ALLU NONNU MEU

Te ricordi no' quando bbì la pinta
Te puntini russi la facce era tinta,
eppuru la vasavi, comu nnamuratu
cci felicità dda ucca tua m'ha datu!

I suoi componimenti poetici sono immagini veraci e appassionanti, intuizioni acute e profonde che scorgano dalla sua creatività. Nelle sue poesie vi è una compenetrazione nei problemi che attanagliano la gente comune.
 
"Malatettu e contratettu lu petroju,
ca nde cumbinau stu crossu 'mbroju
li prezzi te mutu su' saluti?
rrumanimme tutti nuti e cruti!"

Le poesie di De Matteis presentano pregevolezze metriche e stilistiche. Il verso acquisisce una musicalità, tale da fargli assumere, a tratti, la modulazione di una canzone.
"Per quanto concerne la lingua, - scriveva Sarino Spada nella introduzione critica alla Commedia Rrobba t'emicranti, pubblicata dal Circolo Culturale Giovanile di Gallipoli, progenitore dell'attuale Premio Barocco, in occasione del 7° Festival di Casa Nostra nel giugno 1976 e rappresentata nel teatro T. Schipa nell'ambito del Festival - l'autore opera col dialetto più stretto e musicale. A volte vi si riscontra quasi una scelta particolare e sofferta della parola più adatta a dare efficacissime immagini sonore delle scene contemplate, senza dover ricorrere a estenuanti e contorti giri di parole. Illimitata d'altronde è la fiducia riposta dall'autore nelle capacità espressive e creative insite nella natura stessa del dialetto, sicchè è dappertutto ricorrente la convinzione che non sia l'autore a piegare la lingua ai suoi voleri, ma questa si adatti spontaneamente alle intenzioni dell'autore"
La Commedia affronta il problema dell'emigrazione che, fino agli inizi degli anni settanta, era molto sentito e che aveva interessato un gran numero di gallipolini. Esso era considerato, purtroppo, uno dei rimedi contro la disoccupazione, e chissà se  Valfredo non aveva valutato, ancora giovane studente e con la responsabilità di una moglie e di un figlio, l'opportunità di emigrare lui stesso. Una nota dello stesso autore dice: La vicenda, purtroppo, è vera e succede ogni anno a Gallipoli in prossimità del S. Natale e continuerà a succedere, se qualcuno non vi provvede!
L'opera è uno dei testi dialettali più rappresentati negli ultimi anni dai gruppi teatrali che operano nel Salento. L'autore si colloca sulla scia tracciata da Uccio Piro che l'anno prima aveva furoreggiato con Labbiggiata e che proprio con questi "due atti drammatici", il cui testo ebbe un rilevante riscontro della critica,  per "?..la bellezza della lingua, un dialetto colto dalla viva voce della Gallipoli più "vecchia" e più tenacemente tradizionale, conferisce non poca bellezza ed espressività ai dialoghi e immediatezza alle immagini?."(Nota introduttiva critica di Sarino Spada in LABBIGGIATA edita dal Circolo Culturale di Gallipoli nell'aprile 1975) rivoluzionò il teatro dialettale, facendolo uscire dalle sale dell'oratorio e approdare nei teatri pubblici.
E a proposito del problema dell'emigrazione molto intensa e realistica è la poesia PARTIRE!
Molto sentito, dunque, in Valfredo, è il problema della miseria che attanaglia la povera gente e che trova rimedio per dimenticare, attaccarsi ad una bottiglia di vino.  Specialmente per colpa della mancanza di lavoro, in Gallipoli. De Matteis lo sintetizza, in modo sapiente e brillante, da par suo nella seguente poesia: E IDDA ETE L'UMBRA NOSCIA STESSA (Miseria)
Nel 1977 De Matteis ritorna con un'altra commedia: TIEMPU T'ELEZZIONI. In questo lavoro teatrale l'autore, per la prima volta, ricorre alla satira politica. Ma non disdegna neppure la satira di costume. Nella commedia Valfredo tratteggia, in maniera canzonatoria, l'episodio accaduto il 16 aprile 1948 in piena campagna elettorale, quando in molti avevano creduto di vedere la Madonna dei Fiori piangere. Cosa non si faceva per un pugno di voti!
La sua satira è talmente graffiante che deve affrontare e superare brillantemente, grazie alla sua ironia, anche un processo a causa della poesia ROBBA TE MAGGISTRATURA! (da un foglio volante - 28.4.1982). Alla domanda del Giudice sul perché si era presentato in aula senza un avvocato difensore, lui tra il serio e il faceto risponde che per spiegare un sogno, fatto da lui stesso, non c'era bisogno dell'avvocato e a sostegno delle sue tesi si fa accompagnare da alcuni amici, tra cui "Lu Capi te Cica, lu Capi te Sola e lu Capi te Lana".
E' prosciolto, tra l'ilarità generale dei presenti, dall'accusa di diffamazione in quanto il Giudice stabilisce che non sussisteva reato.
A questa ne segue un'altra: CU LE FAVE E CU LE FOJE ME SUNNAI ADDHE 'MBROJE! (da un foglio volante - 17-10-1982) con la quale invita chi lo aveva querelato ad interpretare bene i sogni:

Comunisti e socialisti,
cci "numeri su quisti?
Forza?'nduvanati?
E dopu?quaralati!!

Ma De Matteis non è solo il poeta della satira politica, o del "Castigat ridendo mores". Egli sa fissare sulla carta il disperato realismo della vita dei pescatori che lottano con le forze della natura come in VITA TE PISCATURI.
E' anche il poeta che sa toccare l'animo della gente con poesie come: E' LU JENTU?
Nelle sue rime, numerosi sono i riferimenti al tempo passato. La sua penna allora prende la forma del pennello, i versi diventano colori, il foglio di carta è la tela su cui prende forma  l'acquerello, dipinto da mano sapiente. Scenette di vita quotidiana del tempo della sua giovinezza.  Ed infatti le sue rime ricordano il tempo in cui a Gallipoli c'erano i camerini "Era nu studente spatallatu de li cambarini nnamuratu" in "CARUSU? FACI BAGNU?" oppure "Alli cambarini tu Renatu Spada unu se passava la sciurnata" in "ERA SORUSA".
Ne "LA PASTURALE" De Matteis riporta alla memoria il periodo natalizio, quando per le strade del borgo antico, di notte, la dolce nenia della pastorale svegliava la gente e ai musicanti venivano offerti "purciadduzzi, scajozzi e pittedde??.e susu la quantiera tanti bicchierini  t'anisi e de strega finu an canna chini". Oppure con la poesia "CADDIPULI IN SERIE D" fa rivivere ai tifosi l'estasi del trionfo del Gallipoli calcio, quando vinse lo spareggio a Lecce col Casarano per il passaggio in serie D.  
E non poteva mancare il canto alla sua Gallipoli. Canto appassionato, dal quale sprigiona una Fede in Dio ben radicata nel suo animo ed un amore per la sua città da innamorato inguaribile.

CADDIPULI

Quante luci, visciu a mmienzu mare
Parene candele, ddumate su l'artare!
Luna e stelle quardene?ncantate!
Risula stanotte è china te lampate!
Arde lu mare, babbene li pisci!
Te fronte a stu spattaculu, te vene cu mpaccisci!
Lu pansieri meu, s'azza finu a Diu?
Ca stu paese meu benediciu!
Postu t'acqua santa, usau quidda salata!
Su' caddipulinu, suntu nnamuratu, eccu na serenata
Sta oce, sta chitarra suntu na preghiera,
lassati sta città cu essa comu era!

Varche a rime, varche a vela, te notte le lampate!
Caruse allu balcone, canzuni ppassiunate!
Passi ca se perdene luntanu intra le case
Lanzuli ppe le curti e tuvaje spase!

Se stutene le luci?allu muru! Intra le strate,
ci pace, ci silenziu, nu sentu cchiui patate!
Nu bisciu cchiui la luna, torme ccu le stelle
Su' scise le lampate,,, cci nuttate belle!  

Abbiamo voluto ricordare Valfredo De Matteis! Con la speranza che non venga dimenticato!  

Cosimo PERRONE