Emanuele Barba

Emanuele Barba nacque a Gallipoli l'11 agosto dell'anno 1819. Il padre Ernesto, uomo semplice, umile ed onesto, esercitò per tutta la sua vita il mestiere di sarto, come pure la madre Pasqualina Manno. Terminati gli studi primari a Gallipoli, Emanuele Barba, forse a ragione delle non troppo brillanti condizioni economiche della famiglia, ma certamente per il suo già manifesto interesse al sapere e, quindi, allo studio, all'età di 10 anni, di lui si presero cura due zii: Gaetano Brundesini, zio materno che in Napoli ricopriva l'importante carica di Consigliere della Suprema Corte di Giustizia e lo zio paterno Tommaso Barba, pure lui in Napoli, che svolgeva le funzioni di Presidente della Gran Corte. Trasferitosi a Napoli presso gli zii frequentò dapprima le scuole Medie Superiori di Grammatica e successivamente passò a studiare nelle scuole di Basilio Puoti lettere e filosofia, con notevole profitto, tanto da guadagnarsi, per concorso pubblico, la frequenza gratuita per cinque anni e laureandosi, nel 1838, in lettere e filosofia. Sempre in Napoli passò, poi a studiare medicina nel R. Collegio Medico-Cerusico ed in quella Accademia, appena conseguita la laurea (1842), tenne, con successo, la sua prima conferenza, avente come tema, l'argomento trattato nella tesi e, cioè,:" Sui mezzi per evitare i falsi ragionamenti in Medicina". Questo lavoro gli valse una lodevole menzione sul Giornale Ufficiale del Regno delle due Sicilie ed il posto di Assistente alla Cattedra di Anatomia nel predetto R.Collegio. Tornatosene a Gallipoli si sposò con la signora Addolorata Bono, dalla quale ebbe sei figli: Ernesto avvocato, Ettore medico, Carmelo e Gustavo avvocati, Antonietta ed Egildo che morì all'età di sette anni. A Gallipoli, intanto, esercitò contemporaneamente le funzioni di insegnante e di medico, che lui considerava essere missioni, e lo  testimoniava il modo stesso in cui le andava esercitando, cioè gratuitamente. Come insegnante, per quasi venti anni, insegnò Scienze e Lettere nel Ginnasio e nella Scuola Tecnica di Gallipoli, dove fu, pure, Soprintendente scolastico ed Assessore delegato alla Pubblica Istruzione. Insegnò gratuitamente nelle Scuole Tecniche serali del Municipio e svolse anche le funzioni di Direttore delle Scuole serali festive degli Adulti, istituite dal Governo. Gli ottimi risultati conseguiti nello svolgimento di questi plurincarichi gli valsero la nomina, da parte del Consiglio scolastico provinciale di Bari, di professore di letteratura nel Ginnasio di Trani, nomina alla quale Egli rinunziò per non allontanarsi dalla gente del suo paese che, a suo dire, aveva tanto bisogno e urgenza di crescere civilmente e socialmente. Emanuele Barba fu anche un ottimo conoscitore delle lingue latina, inglese e francese. Come medico nel 1848, durante il diffondersi dell'epidemia tifoidea, fu prescelto dall'Autorità competente quale Direttore dell'Ospedale provvisorio di Gallipoli e così in circa cinque mesi di prolungata epidemia tifoidea curò e salvò da una strage certa circa tremila infermi. Nel 1866, a causa dell'epidemia colerica, fu ancora il Municipio ad incaricarlo della Direzione dell'Ospedale. Ed anche in questa circostanza si prese cura di altrettanti infermi ottenendo ottimi risultati come già nella prima situazione. E per questo si ebbe dal Municipio splendide deliberazioni consiliari di encomio e di benemerenze, nonché una medaglia d'oro, proprio per i buoni risultati conseguiti. Ma gli encomi e le lodi a lui dirette, anche se ben meritate, tanta era la sua piena e disinteressata disponibilità al servizio degli infermi, certamente non sopperivano alla mancanza di una riforma  sanitaria in favore dei poveri, che lui propugnava, per i quali v'era bisogno di una totale assistenza medica. E proprio per queste ragioni il Barba rinunziò per ben tre volte alla nomina di Medico condotto. Ma Egli fu soprattutto un patriota mazziniano. E come tale subì prima l'esilio e poi il carcere (3 anni) comminatogli, nel marzo del 1852, dalla Gran Corte speciale di Terra d'Otranto, alla quale erano ben note le sue battagliere e ardimentose prese di posizione nei confronti del Governo borbonico. E fu così forte il suo impegno e cos' deciso nella lotta contro quel Governo, che proprio stando dentro il luogo di pena scrisse e pubblicò un Proclama agli Italiani, che stampatolo in quattro edizioni, si prese cura, eludendo anche la vigilanza carceraria, di farlo penetrare in quasi tutti gli Istituti carcerari del Governo borbonico. Emanuele Barba fu sempre al fianco dei più deboli, del popolo lavoratore e per questo fondò la prima Società di mutuo soccorso ed istruzione degli operai di Gallipoli ed al tempo stesso fondò un periodico popolare ed educativo-politico "Il Gallo", nel quale molti spazi erano, appunto, dedicati al dibattito sui problemi della gente. Vinse, per concorso pubblico, il posto di Bibliotecario ed istituì subito un bollettino bio-bibliografico e fondò, a sue spese, un Museo di Storia naturale e di Archeologia. Contribuì, pure, ad arricchire il Museo della Provincia di Lecce al quale donò una collezione di pregevole valore di oggetti di storia naturale, geo-mineralogica ed archeologica, frutto di una sua lunga e paziente ricerca. Ma al Barba, come già a molti suoi contemporanei, civili o religiosi che fossero, non mancò la vena poetica, che trasmise al suo primogenito Ernesto. Egli fu, infatti, un vero e autentico cultore delle muse. Scrisse, fra l'altro, " Un sospiro di Garibaldi" (versi di ispirazione patriottica, stampati e pubblicati nel 1875) ed un sonetto all'Italia che fu declamato durante la festa nazionale del 4 giugno dell'anno 1876. Scrisse, inoltre, molte monografie sugli Uomini illustri gallipolitani e tradusse dal francese un opuscolo di Victor Hugo sul " progetto di legge sul pubblico insegnamento", che stampato lo divulgò, facendolo precedere dal suo " proclama agli Italiani".  Fra i suoi lavori non pubblicati abbiamo:'Canti popolari','Proverbi gallipolitani', e un vocabolario del dialetto gallipolitano, comparato alla lingua italiana, francese e inglese. Di questa sua intensa e vivace attività di studioso, patriota e di grande filantropo vi è traccia nel 'Dizionario biografico dell'Accademia Pittagorica', della quale Egli stesso fu nominato Socio corrispondente il 30 agosto dell'anno 1873. E giustamente lo 'SPARTACO' alla sua morte scrisse: " In tempi in cui l'Umanità con uno sforzo titanico aveva dato al mondo una generazione di giganti, Egli lavorò per la Scienza, per la Patria e per l'Umanità"; quasi ad indicarne lo spessore morale, culturale ed educativo dell'illustre concittadino. Emanuele Barba morì il 7 dicembre del 1887 ed i suoi funerali che videro la partecipazione di molte Associazioni del circondario (culturali e operaie), nonché del Circolo democratico di Lecce, furono organizzati dagli amici dell'Associazione Democratica repubblicana di Gallipoli, i quali, fra l'altro, sulla parte alta della stanza, trasformata in camera ardente e dove loro vollero prestare il servizio d'onore intorno alla salma, affissero loro stessi un distico, dove si leggeva:
"Nato dal popolo
Per il popolo si adoperò".

Luigi PARISI