Gallipoli, la memoria storica in vendita: io non ci sto!

L’attività politico-amministrativa in Gallipoli sta vivendo, ormai da anni, un periodo di generale avvilimento di cui non appaiono segnali di un qualche significativo spessore che possano in qualche modo fare sperare in una rinascita morale e culturale di una nuova classe politica consapevole delle proprie responsabilità nei confronti della comunità cittadina e, se vogliamo, anche di fronte alla storia.
Le modifiche strutturali imposte dalle nuove leggi elettorali, che hanno introdotto l’elezione diretta del Sindaco ed il collegio uninominale, e le norme sulle autonomie che hanno azzerato i controlli di legittimità, se da una parte hanno dato stabilità politica, dall’altro hanno di fatto disgregato i partiti e distrutto quel sano senso dell’appartenenza che orgogliosamente aveva scandito nel passato la partecipazione elettorale del popolo gallipolino.
Con la conseguenza che appare irreversibile, qui in Gallipoli, una gestione della cosa pubblica pericolosamente improntata ad un qualunquistico agire, perennemente condizionato da personali ambizioni e necessità particolari e quasi mai guidato alla ricerca del bene pubblico.
Sulla scena politica locale si muovono, da anni ormai, figure insignificanti per spessore politico e culturale, quanto incerte se non oscure nelle motivazioni del loro agire politico, che condizionano l’attività istituzionale, anchilosandola nelle scelte politiche necessarie che l’attuale situazione impone.
Anche il bilancio, pertanto, ha perso la sua naturale connotazione di elaborazione politica di alta valenza culturale, nel quale misurare le capacità di una classe politica degna di questo nome, nell’immaginare un futuro per la propria collettività in termini di investimenti sul tessuto sociale economico e culturali della comunità cittadina.
Avviene, invece, che quel documento contabile diventa solo un mezzo tecnico, senza un’anima e sempre più mortificato al ruolo mistificatorio di garante del pareggio contabile, affidato freddamente ai numeri che, come da qualche anno avviene, si dimostrano bugiardi di una realtà economico-finanziaria  sul baratro della bancarotta, anno per anno rimandata attingendo alle risorse del patrimonio pubblico, senza mai  curandosi, invece, di adeguare la spesa alle risorse, tagliando gli sprechi, evitando nuove spese che gravano sulla struttura del bilancio, gestendo il patrimonio come azienda e non come congregazione dei fatebenefratelli.
Dopo anni, quindi, di scellerata prassi di risanamento del bilancio mediante la vendita del patrimonio immobiliare, siamo finalmente giunti al capolinea.
Non si tratta più di immettere sul mercato immobiliare semplici beni patrimoniali di proprietà comunale. Oggi si ardisce vendere anche la memoria stessa della città che è fatta, non  di semplice storia e di semplice cultura, ma anche di storia e di cultura della solidarietà.
E già! Si ardisce  vendere la sintesi storica della vita municipale di Gallipoli racchiusa nelle mura dell’antico palazzo del Governatore che ancora custodisce il grande salone su cui furono dipinti gli stemmi dei Sindaci dal 1480.
A quel palazzo ho dedicato con l’amico Mario Cazzato documentate pagine di storia leggibili anche attraverso le residue carte conservate nell’Archivio di Stato di Lecce e ancor oggi sulla rivista “ANXANEWS” continua la pubblicazione, curata dall’amico Avv. Vitantonio Vinci,del manoscritto che il Dolce dedicò, nella prima metà dell’800, sugli stemmi dipinti nella sala del Governatore.
Ma ha un senso tutto ciò, dato che in un sol colpo si intende alienare quel palazzo e con esso tutte le entusiastiche progettazioni che già ai tempi del Foscarini volevano inglobare quel palazzo storico nella nuova articolazione degli spazi museali, in un percorso unitario tra Museo-biblioteca, Sant’Angelo ed ex Pretura?
Penso proprio di no e voglio credere che l’attivismo contabile di qualche funzionario abbia potuto in qualche modo ingannare il Sindaco, evidentemente non a conoscenza dell’importanza storica e culturale di quell’immobile.
Pensare di poter vendere, poi, l’immobile degli ex Cappuccini,  mi sembra un insulto alla grande e nobile storia della solidarietà in Gallipoli, che ha visto dal ‘500 opere di beneficenza come l’Ospedale civile ed il Monte degli esposti, fino all’esperienza della Congregazione di Carità che, nel convento dimesso dei Cappuccini, a fine ‘800, trasferì l’ospedale e vi fondò l’Asilo di mendicità.
Ricordo con nostalgia le battaglie portate avanti in Consiglio comunale, Gabriele Coronese in testa, a favore di quella struttura e a salvaguardia dell’idea umanissima di garantire alle persone anziane una residenza ultima dignitosa. Quella stessa idea che aveva animato, con generosi lasciti, molti nostri concittadini.
A questo punto, allora, è necessaria una domanda: Il Sindaco Barba intende veramente alienare quel patrimonio assumendosene la responsabilità di fronte alla città?
Ed il mondo sociale e culturale della città accetterebbe supinamente tale jattura?
Io non ci sto e l’unico modo per cercare di fare qualcosa è quello di condividere la preoccupazione, per ora avanzata solo dall’opposizione. E lo faccio da uomo di destra, al di là degli schieramenti, a difesa della dignità di una città che verrebbe gravemente offesa e irreparabilmente danneggiata da questa infame assurda e inconcepibile decisione assunta dall’Amministrazione comunale di Gallipoli.
Mi si potrebbe rispondere che lo stato delle finanze in qualche modo lo imponga. Non sono un amministratore: se lo fossi o in passato me lo avessero fatto fare con pienezza della mia funzione, forse non saremmo arrivati fino a questo punto. Ma a nulla vale rivangare il passato o quel deprecato difetto di presunzione che qualcuno voleva attribuirmi.
Se fosse veramente questo un passaggio cruciale, la politica dovrebbe inventarsi qualcosa.
Un qualcosa che qui io sommessamente mi permetto di sussurrare alle orecchie del senatore Pellegrino, cui riconosco adeguata sensibilità per i problemi della cultura.
Il Palazzo del Governatore (ex Pretura) è palazzo dal grande interesse storico-artistico-architettonico, che non potrà essere alienato senza attivare le procedure di prelazione anche a favore della Regione e della Provincia. Se ne faccia carico la Provincia dalla quale, forse, potrebbero scaturire anche le risorse per il restauro ed il suo recupero alla storia e alla cultura, di Gallipoli e del Salento.
Spero che condivideranno tale proposta anche i consiglieri provinciali Giuseppe Coppola e Flavio Fasano, dai quali mi aspetto una pronta ed efficace azione politica congiunta: per Gallipoli e per la sua storia.

Elio PINDINELLI