Nel giro dell'ultimo anno, tra il febbraio 2003 ed il 2004, si è
verificata una coincidenza eccezionale per Gallipoli. Ben due edizioni
a stampa sono state pubblicate del Libro Rosso della città. La prima,
il 10 febbraio, con il titolo L'Archivio delle Scritture Antiche
Dell'Università di Gallipoli/Materiali per un'edizione critica del
"Libro Rosso", per la cura e le note di Elio Pindinelli e sotto l'egida
della Società di Storia Patria per la Puglia - sezione di Gallipoli, in
collaborazione con l'Associazione Gallipoli Nostra. La seconda
pubblicazione ha per titolo Il Libro Rosso di Gallipoli (Registro de
Privilegii) (Congedo editore, Galatina 2004), per la cura e le note di
Amalia Ingrosso e con prefazione di Benedetto Vetere, professore presso
l'Università degli Studi di Lecce e direttore del "Dipartimento dei
Beni delle Arti e della Storia" della medesima università.
Come si è scritto sopra, si tratta di un evento eccezionale, perché le
due opere, pur nella loro evidente differenziazione per cura e apparato
critico, si completano vicendevolmente, dando finalmente agli studiosi
(ma non solo a loro) dell'antica storia di Gallipoli uno strumento
formidabile per sondarla e approfondirla appropriatamente. E questo
alla luce anche di quanto la stessa curatrice dell'edizione Congedo,
Amalia Ingrosso, afferma, quando scrive: "Alla preziosità dei Libri
Rossi non ha fatto riscontro un adeguato interesse per la loro
edizione. Molte delle raccolte, infatti, attendono di essere studiate.
Le edizioni pugliesi..., prive spesso di apparato critico,
rappresentano pur sempre una felice eccezione. Si lamenta da più
parti... l'assenza di un progetto editoriale... finalizzato al recupero
e all'esame comparato di queste fonti, in grado di aggiungere ulteriori
elementi alla conoscenza della realtà del Mezzogiorno" (p. XXXVIII).
Quindi, tra le tanti, la nostra Gallipoli viene ad essere doppiamente
avvantaggiata dall'avere oggi queste due edizioni critiche del suo
Libro Rosso, quando altre città, pur importanti nel Meridione, o non ne
hanno alcuna oppure, se ce l'hanno, non è corredata da un appropriato
apparato critico.
Dunque il Libro Rosso di Gallipoli. Per Pindinelli si tratta di una
"gran mole di documenti originali, relativi alle vicende civili,
militari, politiche ed economiche della città... [il cui] verbale
[venne] compilato nel 1833 dal cancelliere comunale Carlo Mazzarella e
firmato dal sindaco Francesco Pasca... verbale che dettagliatamente
enumerava i faldoni di documenti... che, dopo oscure vicende e dopo la
residua dispersione delle carte dell'archivio comunale avvenuta alla
fine degli anni Cinquanta, è ricomparso tra i residui di alcune carte
di studio dopo la morte di un noto cultore di storia patria... Per
valutare appieno l'importanza storica di quei documenti e trarne
conseguentemente i materiali da utilizzare per la pubblicazione di
quello che è appunto un codice diplomatico della città, occorre allora
partire proprio da quell'inventario, dimenticando per un attimo che del
Libro Rosso esistono ben due trascrizioni, oggi possedute dall'Archivio
di stato di Lecce e dalla Biblioteca comunale di Gallipoli" (edizione
2003, pp. 5-6).
Dal canto suo, Amalia Ingrosso scrive: "Del Libro Rosso di Gallipoli si
conservano due copie originali... Molto simili nella trascrizione, i
due manoscritti contengono privilegi e grazie concessi dall'autorità
sovrana all'Università di Gallipoli. Ma, rispetto alla copia custodita
a Gallipoli, divisa in due tomi, quella leccese... registra, per
numerosi documenti, collazioni ed autentiche notarili, che rimandano
all'epoca della loro trascrizione" (edizione Congedo 2004, p. XXXIII).
Come si evince dalle affermazioni dei due curatori, ci troviamo davanti
a due edizioni a stampa dello stesso Libro Rosso o Registro de
Privilegi della città: la prima (quella del Pindinelli) ha come base di
riferimento il manoscritto della Biblioteca comunale di Gallipoli e si
presenta riportando solo la sintesi riassuntiva dei testi; la seconda
(quella dell'Ingrosso), invece, ha come riferimento il manoscritto
conservato presso l'Archivio di stato di Lecce e i testi dei Privilegii
e dei Regesti sono riportati integralmente. Per il resto, poi, ci
dovremmo trovare davanti a due edizioni quasi simili, diverse solo
nell'apparato critico. Così invece non è, perchè si tratta di due
edizioni differenti e che si completano vicendevolmente. Certo, una
(quella dell'editore Congedo) è cartonata ed ha una veste editoriale
molto bella, per di più impreziosita dalla dotta e puntuale prefazione
del professore Benedetto Vetere, alla quale si è aggiunto l'ottimo
lavoro di puntualizzazione della curatrice Amalia Ingrosso che, già da
esperta, ha chiuso il libro con l'indice dei nomi, indispensabile ormai
per questo tipo di opere; che invece, purtroppo, manca nell'edizione
gallipolina. Quest'ultima però, curata da Elio Pindinelli, ha anch'essa
dei pregi indiscutibili e molto utili al lettore e, soprattutto, agli
studiosi: ad esempio, riporta per intero l'indice dell'esistenza "di un
corpus di 1122 documenti relativi all'Università di Gallipoli ed
originariamente posseduti stabilmente dal Comune" (Gallipoli 2003, p.
11). Inoltre, egli, da buon conoscitore della città, dà delle
informazioni quasi inedite sulla città come, ad esempio, questa: "E'
noto che la sede storica dell'università di Gallipoli fosse
nell'attuale via A. de Pace, nel palazzo oggi meglio conosciuto come
"palazzo del Governatore" in quanto questi vi aveva abitazione, e
amministrava la giustizia. In effetti il palazzo era sede
anche della regia Corte, delle carceri, e qui si radunava il Parlamento
civico, nel grande salone a primo piano in cui facevano bella mostra
gli stemmi dei Sindaci di Gallipoli" (Gallipoli 2003, pp. 14-15).
Infine, va sottolineata l'importanza che il professore Benedetto Vetere
dà alla pubblicazione del Libro Rosso di Gallipoli, laddove egli,
riferendosi al lavoro dell'Ingrosso, scrive che "emerge... con
l'indicazione del
materiale documentario della Università di Gallipoli, l'immagine di una
città dal ruolo politico ed economico particolarmente interessante per
la sua condizione, fra l'altro, di centro portuale del Golfo di
Taranto, fatta oggetto, per questo, ed in maniera differente,
ovviamente, delle attenzioni della Corona e dei nemici (diversi nel
tempo) di questa. La generale dialettica fra autonomie locali e potere
centrale doveva necessariamente segnare ed interessare anche questo
centro del Salento, inserendolo nel più ampio processo dei mutamenti
sociali ed economici che investono in maniera
diversa il nostro Paese..." (edizione Congedo, p. XXIX).
Maurizio Nocera