Istituzione e prime vicende del Seminario di Gallipoli (1747-1763) Le Regole di Ignazio Savastano.

La recente inaugurazione del Museo diocesano di Gallipoli, accolto nei locali dell'antico Seminario della città, offre l'occasione non solo per sottolineare l'attenzione sull'immenso patrimonio dei beni culturali ecclesiastici consegnati dalla storia e per promuovere una riflessione sul rapporto tra fede e cultura, ma anche per rievocare vicende ed eventi storici della vita della Chiesa locale. In questa sede piace soprattutto soffermarsi, ricordandone i momenti istitutivi, sulla settecentesca sede che lo ospita, su una struttura della storia sociale del Mezzogiorno, quale appunto quella seminarile, che ha senza dubbio ricevuto nuova luce dalle ricerche in atto sulla società religiosa dal Tridentino (che, nel 1563, sul modello londinese di scuola quale vivaio/seminarium, ne decretò la "salutevole e necessaria" istituzione) in poi.
È così emersa l'importanza del seminario vescovile, quale struttura formativa di "conversione" religiosa e disciplinare del clero, ed apparsa più convincente la sua funzione nell'ambito del mutamento sociale, trattandosi, più in generale, di un tema portante del meridionalismo classico settecentesco: molto spesso in cima alle preoccupazioni di vescovi attenti alla formazione ed alla rifor­ma dei costumi del chiericato e del popolo e ad una più evangelica religiosità, ed altresì al centro delle attenzioni di una società rurale e depressa, di cui sono noti, in termini di elevamento della posizione sociale, i vantaggi della "scelta" religiosa, in realtà il seminario sarebbe stato nel Sud (almeno fino al decennio francese) anche la sola e più forte struttura formativa di base per la classe dirigente. Qui, rispetto al Centro-Nord, furono molti i vescovi che, superando talvolta ristrettezze mentali ed economiche, s'apprestarono ad erigerlo anche prima del 1725, anno in cui Benedetto XIII, vista la frequente inosservanza delle norme tridentine, dovette emanare una costituzione apostolica (Creditae Nobis), che ribadiva l'obbligo del seminario diocesano e istituiva la Sacra Congregazione dei Seminari.
Non vanta questa precocità, anche su scala locale, il seminario di Gallipoli, comunque registrato, alla fine del sec. XVIII, tra gli otto funzionanti della Terra d'Otranto (su un totale di tredici diocesi), e cioè fra quelli di Brindisi, Lecce, Nardò, Oria, Ostuni, Otranto e Taranto. Il primo passo concreto per la sua realizzazione fu compiuto dal vescovo Serafino Brancone (1747-1758), celestino salernitano, il quale bada[ndo] a far fiorire le virtù, e le scienze nel Clero, e nelle persone secolari della sua Diocesi, prese tutta la cura coi lasci dei Cittadini che vi erano, per le scuole pie, e con altri proventi, e soprattutto col proprio denaro di fondare, ed erigere il Seminario (B. Ravenna).
Ciò fu reso possibile principalmente utilizzando l'eredità, seppur tenue, lasciata da D. Biagio Sansonetti, Tesoriere della Cattedrale di Gallipoli, il quale, nel 1746, aveva disposto per testamento che con i suoi beni si sarebbe dovuto istituire in città un nuovo convento di sacerdoti regolari delle scuole pie. L'opposizione, tuttavia, che tali disposizioni incontrarono, anche da parte del re (data soprattutto la presenza in Gallipoli di sette conventi) e le suppliche contestualmente inviate a Napoli, nel corso del 1747, da sindaci e uomini illustri gallipolini (come quella di Tommaso Briganti, amico e consultore del Sansonetti) affinché tutti li beni di lui lasciati [...] si convertissero, ed applicassero al fine più retto, più utile, e più riuscibile qual è quello della erezione d'un Seminario che manca in questa Città [...] rappresentarono il passo successivo.
Così Marchese Brancone, fratello del vescovo e destinatario di tali suppliche, il 17 febbraio 1748 scriveva da Napoli al Governatore di Gallipoli, comunicando gli esiti del dispaccio reale relativo a tale causa: ha Sua Maestà denegato il suo Real assenso per la nuova fondazione di tal collegio dei Padri delle scuole pie; ed ha risultato, che in sua vece si erigga il Seminario, che dalla cura, e zelo pastorale di cotesto vescovo si è proposto di fare per lustro di tal Chiesa e Spiritual profitto di cotesto Pubblico, e che per questo effetto i suddetti beni del Sansonetti lasciati s'intestino al novo Seminario; con condizione che le scuole, che in esso tenersi debbano, siano non solo addette all'utile de' clerici, che in quello stanziaranno, ma ben anche concorrer vi possano tutti i laici di qualunque condizione vi siano, i quali vogliano apprendere le scienze [...]. 

La costruzione del Seminario, scrive il Ravenna, sarebbe iniziata, con molta solennità, nel 1751: piccolo, ma comodissimo per trenta alunni, ben distribuito, e con ottime officine, situato vicino alla piazza nell'Isola istessa della Cattedrale e dell'Episcopio, coi quali ha delle interne comunicazioni, fu fornito dal Brancone di cattedre per ogni disciplina, da quelle umanistiche a quelle di filosofia e di teologia e, unico caso nella provincia, di storia ecclesiastica. Ma la morte, nel 1758, del fratello Marchese ed il dolore che ne seguì indussero, tuttavia, il vescovo a dimettersi, impedendogli di procedere alla sua apertura.
Spettò al successore, Ignazio Savastano (1759-1769), prete napolitano, e Canonico di San Gennaro, la realizzazione di quel progetto, nel corso del primo anno del suo episcopato, come testimonia l'iscrizione, datata 1760, posta nella sala inferiore dell'edificio. Nel superstite editto di apertura del Seminario per l'anno scolastico 1765-66, che seguiva alla crisi registratasi nel più ampio contesto di depressione economica (causa certamente del basso numero di iscritti, specie per il 1761), ordinava a tutti i chierici specialmente di attendervi con maggior diligenza del passato e di dar speranza di maggior profitto così nelle lettere umane, come nelle altre scienze superiori, come pure rimproverava l'esorbitante debito per cagione del caro prezzo de' commestibili e stabiliva la paga degli alimenti per i Cittadini e Diocesani (trentasei ducati annui) e per i Forestieri (quaranta).
Somma preoccupazione di quel vescovo fu certamente lo stabilire l'organico del personale (rettore, maestro di grammatica, etc.), ma soprattutto il migliorare la qualità e l'organicità degli studi (vi si insegnava Teologia, Filosofia, Geometria, Aritmetica, Retorica, Umanità, Grammatica, lingua greca e canto Gregoriano). Ritengo a questo punto interessante illustrare e riflettere sul contenuto di un documento normativo, quale quello delle Regole di un Seminario, che sono, da un lato, espressione formalistica e rigida di canoni generali e universali, e, dall'altro, frutto di una esperienza pastorale diretta.
Redatto su ordine del re, il regolamento stabilito dal Savastano, del 29 agosto 1763, rivolto principalmente a Maestri e "lettori", riguarda per lo più l'insegnamento della grammatica "bassa" e delle lettere umane e si caratterizza per un rigida attenzione per l'esercizio di certe virtù (la modestia, il viver composto senza dare in parole oscene, e di scandalo) ed un severo controllo da parte dei superiori.
Al centro è l'idoneità dei formatori, la loro preparazione, la vis comunicativa, la metodologia e l'onestà; la durata delle lezioni (sei ore al giorno) e dell'intero corso; i periodi e i giorni di vacanza; la recita delle preghiere; i contenuti delle lezioni; i libri adottati ([il maestro] farà spiegare l'Epistole scelte di Cicerone, le Vite di Cornelio Nepote [?], se necessario in corretto italiano, e con proprietà di voce, obbligando poi i ragazzi a ripetere le traduzioni colle medesime parole, e con medesimi modi adoperati dal maestro [...] Spiegherà ai medesimi [...] la Georgica di Virgilio con farle ancora mendare in mente i versi del medesimo [...] Insegni ai medesimi la Dottrina Cristiana in ogni giorno per mezz'ora del Cardinal Bellarmini, ed in ogni settimana faccia leggere Mons. Della Casa, cioè il Galateo, spiegando gli avvertimenti del medesimo). Qualunque contravvenzione sarebbe stata punita con l'espulsione del maestro dalla scuola.
In questa breve indagine sulle vicende istitutive e sui primi anni di vita del Seminario di Gallipoli ho dunque preferito far parlare soprattutto i documenti, selezionati tra quelli più significativi e rappresentativi rintracciati nell'Archivio Storico Diocesano della città. Se ne ricavano dati certamente da non sottovalutare sia negli studi sull'attuazione ed efficacia dei decreti tridentini, sia nell'incidenza di questa struttura formativa nella storia religiosa e socio-culturale del Mezzogiorno. Da una analisi del regolamento del Seminario, in particolare, mi è parso intravedere quella storia "nascosta" e "quotidiana", "senza avvenimenti e senza date", tanto difficile da individuare, quanto utile per capire.

Milena Sabato